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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2011 alle ore 08:14.

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Non si interrompe la serie di dati negativi che sta caratterizzando l'industria del risparmio gestito in Italia. A novembre dalle casse dei gestori sono usciti complessivamente 8,5 miliardi, mentre il patrimonio è sceso a quota 926 miliardi (da 958). Inutile dire che buona parte di questi deflussi arriva dal comparto dei fondi comuni che hanno accusato una perdita di 6,2 miliardi.

E così il settore si avvia a chiudere uno degli anni peggiori della sua lunga storia: -31,3 miliardi l'intera industria (gestione collettiva, cioè fondi aperti e chiusi, e gestione di portafoglio, retail e istituzionali) e -24,7 miliardi il comparto dei fondi comuni di investimento. Da gennaio a oggi il segno positivo ce l'hanno solo i fondi chiusi (1,7 miliardi) e i mandati istituzionali.

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L'analisi. Insomma, un bollettino guerra. Nessuna ricetta si è rivelata efficace per risollevare le sorti del sistema. Le banche i fondi non li vendono più da tempo, hanno esigenze di raccolta diretta e preferiscono indirizzare la clientela verso altri strumenti. È una storia già raccontata che, viste le attuali condizioni dei mercati, sarà destinata a essere ripetuta ancora a lungo. Tanto più che da gennaio anche la tassazione sui fondi salirà al 20% e verrà introdotta l'imposta di bollo anche su questi strumenti. Un fardello che li aveva risparmiati nella manovra di luglio, ma che li include in quella varata dal governo Monti. La strada per i gestori, quindi, è sempre più in salita. Chi decide di rimanere fedele allo strumento fondo comune è solo il cliente dei promotori finanziari, gli unici a collocare ancora questa tipologia di prodotti. Anche se per la verità nell'ultimo periodo pure loro hanno cominciato a mollare la presa, iniziando a orientarsi sul comparto amministrato.

Le tipologie. Comunque i sottoscrittori di fondi in genere escono da tutte le tipologie, ma i deflussi più consistenti hanno riguardato gli obbligazionari che hanno raddoppiato il deficit rispetto a ottobre con un saldo negativo per 2,4 miliardi. Il rischio dei debiti sovrani e i giudizi sul merito di credito di Stati fino a qualche mese fa reputati più che solidi spinge i sottoscrittori a ridurre le posizioni sui bond. Anche dal versante azionario le notizie sono tutt'altro che confortanti: il deficit è stato pari a 679 milioni. L'eccessiva volatilità che muove i listini spaventa i risparmiatori, stanchi di dare fiducia a mercati che non hanno direzione, che sono oggettivamente a sconto ma quotidianamente in balìa di pochi grandi investitori che ne determinano le sorti, indipendentemente dai fondamentali delle società quotate. Sono altre le logiche che muovoni i listini. Sono logiche speculative.

Gli esteri. Neanche i fondi di diritto estero sono riusciti a rimanere a galla in questo difficile novembre: per loro il saldo è stato negativo per 1,5 miliardi, ma sempre meglio di quello registrato dai prodotti italiani che di miliardi ne hanno perso 4,7. L'incidenza dei fondi esteri, invece, è più evidente sulle masse gestite. A fronte di un patrimonio di 416 miliardi (erano 431 a ottobre) il peso dei cross border è salito al 63,2 per cento. I fondi comuni, comunque, rappresentano il 50% dell'intera industria del risparmio gestito.

Le performance. I rendimenti su base annua non hanno certo dato grandi soddisfazioni. Chi ha investito sugli azionari, per esempio, ha mediamente perso il 10,9%. Solo chi si è affidato ai prodotti specializzati sul mercato americano è riuscito a spuntare lo 0,7 per cento. Dal versante dei prodotti obbligazionari, in questo caso il calo è stato del 2,6%, ma tra le sottotipologie gli area dollaro, i governativi internazionali e quelli orientati sui Paesi emergenti sono riusciti a portare a casa un rendimento di circa il 2 per cento. Negativi, invece, i liquidità (-0,3%), i flessibili (-5,5%) e i bilanciati (-4,5%). Tra le fila dei songoli prodotti, quello che in assoluto ha reso di più è stato Interfund inflation linked con un incremento superiore all'8%, mentre il prodotto peggiore è stato Alarico Re in calo del 31,6 per cento.

La raccolta dei gruppi. I segni meno prevalgono, ma il mese di novembre è stato particolarmente negativo per le società leader del settore: Intesa Sanpaolo ha registrato un saldo negativo per 2,2 miliardi, complici principalmente i deflussi dai fondi aperti di Eurizon Capital (-1,3 miliardi). Pollice verso anche per Pioneer Investments (UniCredit) in rosso per poco meno di 2 miliardi. Più contenuta la perdita dell'altro gruppo big per patrimonio, Generali, negativo per 295 milioni. Positiva, invece, la raccolta per Poste Italiane, Azimut e per Deutsche Bank.

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