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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 15:00.
È ormai più che un luogo comune, quasi un tormentone infinito. Le banche italiane? Troppo pericolose, dicono in coro da mesi gli operatori di borsa. E ormai lo pensano anche i piccoli risparmiatori. E dar loro torto è arduo. Basta guardare le quotazioni scese nel 2011 di almeno la metà del loro valore per la gran parte dei titoli quotati a Piazza Affari. Effetto palpabile dello scetticismo, se non della paura.
Paura di cosa? L'incubo collettivo sta tutto nei titoli di Stato italiani che le nostre banche hanno copiosamente in portafoglio. Se credi che lo Stato italiano sia vulnerabile, perchè le banche, che pezzi di quel debito posseggono debbono essere considerate sicure? Vista così non fa una piega, ma è una visione quasi impressionistica.
È vero quel debito c'è: le prime 5 banche italiane hanno in pancia 155 miliardi di euro. Un decimo di tutti i bond italiani sul mercato. E sono solo le prime 5 banche. A livello di sistema siamo intorno ai 230 miliardi. Un bel fardello.
Rischio dimezzato per i big
Ma davvero così pericoloso, da starne a tutti costi lontano? Errore. Pochi guardano alla duration di quei portafogli. Le banche in genere hanno badato bene a tutelarsi. Basti guardare i due big italiani. IntesaSanpaolo aveva, a fine settembre 2011, a bilancio 57 miliardi di titoli pubblici italiani. Ma oltre 21 miliardi cioè il 37% dell'intero portafoglio hanno scadenza entro l'anno. Cosa vuol dire? Che a settembre 2012 quei 21 miliardi verranno rimborsati a 100. Nessuna perdita in conto capitale. Zero rischio di perdite da svalutazioni. Se poi si va all'orizzonte dei 3 anni ci sono altri 10 miliardi di titoli. Portafoglio corto quindi, che mette al riparo da perdite ingenti sui titoli. Stessa storia per UniCredit: la banca ha esposizione lorda per 50 miliardi sul debito italiano.
Ma anche qui 27 miliardi scadono entro settembre di quest'anno, oltre metà del portafoglio non corre rischi di perdite. Delle due l'una. O L'Italia va a gambe all'aria quest'anno e allora non c'è difesa per nessuno, oppure quel rischio sui BTp in pancia alle banche è sovrastimato dal mercato. Il quadro è meno positivo per le altre grandi banche. Anche se non tale da giustificare il panico del mercato. Sugli 11 miliardi detenuti dal Banco Popolare, solo 2,6 miliardi scadono entro fine 2012. Ma quasi 6 miliardi non vanno oltre i tre anni. E sopra i 10 anni (lì c'è certo maggior rischio) sono solo 1,6 i miliardi in pancia alla banca. Ubi banca è più sbilanciata sul lungo: degli 8 miliardi posseduti, la metà è oltre il decennio. L'unica banca in realtà per cui l'apprensione del mercato è giustificata è Mps. La banca di Siena ha il 60% dei suoi 30 miliardi di buoni del Tesoro concentrati sul lungo periodo. Una scelta quella di stare "lunghi" che sta penalizzando l'istituto ed è una delle motivazioni alla base del recente avvicendamento al vertice. Con l'eccezione di Mps, pare così del tutto fuori luogo l'accanimento sia degli investitori, soprattutto esteri, sia dell'Eba, l'autorità bancaria europea che ha imposto dure ricapitalizzazioni a quasi tutte le banche italiane. Imporre il mark to market (la valorizzazione a prezzi di mercato ndr) a strumenti che non solo tendono a essere tenuti fino a scadenza, e quindi indifferenti alle oscillazioni di prezzo, ma che hanno durata molto contenuta è una forzatura.
La paura e l'autogol
Una forzatura che rischia di rivelarsi un boomerang. Se si continuano a penalizzare i possibili compratori di titoli di debito dei paesi deboli dell'eurozona, si apre un baratro.
Non solo per i paesi in difficoltà ma per tutta l'eurozona. Solo per l'Italia andranno a scadenza nei prossimi 12 mesi, un quinto delle obbligazioni pubbliche. Sono 320 miliardi. Andranno rifinanziati e quindi vuol dire che qualcuno dovrà pur comprarsi il debito italiano in scadenza. Se si disincentivano le banche a farlo, imponendo valutazioni a prezzi di mercato, si sottrae domanda. Ma se l'Italia precipita, la borsa tedesca e quella francese non staranno certo a guardare immobili. Il contraccolpo sarebbe pesante per tutte le attività finanziarie dell'eurozona. A chi conviene la logica dell'autogol?
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