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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 08:36.

SHANGHAI - La gelata della domanda globale e la debolezza del mercato immobiliare domestico frenano la corsa della locomotiva cinese.
Nel quarto trimestre del 2011, il prodotto interno lordo della superpotenza asiatica ha registrato un incremento dell'8,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Grazie a questo sprint finale, inferiore a quello dei trimestri precedenti ma leggermente migliore delle previsioni degli analisti, il Dragone archivia il 2011 con una crescita economica del 9,2% che si confronta con il +10,4% del 2010.
«La Cina continua a crescere a un tasso discreto», titola un flash report messo in rete da Rabobank subito dopo la comunicazione del Governo cinese. In effetti, anche se può suonare assurdo alle orecchie di Paesi che languono da anni in congiunture a bassa crescita e a costante rischio recessione, negli ultimi mesi il ritmo di espansione della seconda economia planetaria è stato moderato.
Era dal 2009, nel bel mezzo della crisi finanziaria globale, che la Cina non cresceva a una velocità così "bassa", sia a livello trimestrale che annuale.
Allora a mettere sotto scacco l'economia cinese fu il peggioramento del ciclo mondiale innescato dall'improvvisa crisi di liquidità causata dal crac di Lehman Brothers. Pechino reagì brillantemente, varando un piano di stimolo della domanda interna da 600 miliardi di dollari, e allentando subito le maglie della politica monetaria.
Grazie a questa doppia iniezione di spesa pubblica e di credito a basso costo il Dragone si risollevò rapidamente e, nella seconda parte del 2009 e nel 2010, torno a crescere a un tasso a doppia cifra.
Ma oggi la situazione è ben diversa. Da un lato, sulla via dello sviluppo c'è lo stesso ostacolo del biennio orribile 2008-2009: il congelamento della domanda mondiale. Con un aggravante, però, rispetto ad allora: l'Europa, principale mercato di sbocco dei prodotti made in China, sta molto peggio rispetto a tre anni fa; e all'orizzonte non s'intravede alcuna inversione di tendenza.
Dall'altro, Pechino ha un problema in più: un mercato immobiliare che sta tornando finalmente alla razionalità. A ottobre e novembre i prezzi del mattone sono scesi in quasi tutte le grandi città del paese e, secondo le previsioni, la ritirata è continuata anche a dicembre.
Sebbene auspicato da tempo, e anche favorito dal Governo tramite una serie di misure calmieranti, ora lo sgonfiamento della bolla immobiliare rischia di complicare la situazione.
Per due buoni motivi. Il primo è legato a un rapporto puramente numerico. Il real estate, infatti, nel suo complesso genera il 10% del prodotto interno lordo, rappresenta oltre il 20% del totale degli investimenti fissi lordi, e assorbe circa il 30% dei beni finali prodotti dall'industria nazionale. È evidente quindi che, se la contrazione dei valori immobiliari dovesse proseguire anche nei prossimi mesi, diversi comparti dell'industria cinese finirebbero sotto pressione.
Il secondo motivo è invece legato al credito. Prezzi del mattone in discesa significano immobili invenduti e progetti rimasti incompiuti: a pagare il conto saranno le banche che, per compensare l'aumento dei crediti in sofferenza, stringeranno i rubinetti della liquidità. E a farne le spese saranno le piccole e media imprese che già fanno una fatica del diavolo a finanziarsi.
In un anno delicatissimo per la vita politica nazionale (a ottobre il Diciassettesimo Congresso del Partito Comunista sancirà il passaggio delle consegne ai vertici della leadership), toccherà al Governo cercare di pilotare l'economia verso un atterraggio morbido.
«L'andamento delle vendite al dettaglio (+18,1%) a dicembre, e per certi aspetti anche della produzione industriale (+12,8%), è un fatto sorprendente di cui bisogna tenere conto – osserva Dong Tao, economista di Credit Suisse – Ciononostante, nella prima parte del 2012 l'economia cinese continuerà a scontare la debolezza del settore immobiliare e degli investimenti infrastrutturali».
La maggior parte degli osservatori ritiene che Pechino ce la farà a mantenere la congiuntura in equilibrio, grazie a una miscela di politiche fiscali e monetarie espansive che la nomenklatura ha già pronta nel cassetto. In questo modo, nell'Anno del Dragone (inizierà domenica prossima) il prodotto interno lordo cinese dovrebbe riuscire a crescere a un tasso vicino all'8 per cento.
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