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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2012 alle ore 07:37.

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Facebook incide sul Pil: in Europa le conseguenze del social network sull'economia sono calcolabili in 15,3 miliardi di euro e 232mila posti di lavoro. Per il nostro Paese si tratta di un indotto di 2,5 miliardi di euro e 34mila posti di lavoro. In Europa ci precedono solo Inghilterra e Germania, con 2,6 miliardi di euro.

I dati sono di una ricerca di Deloitte, da cui emergono i numeri sul business che si muove all'interno della più grande nazione digitale al mondo, popolata da oltre 800 milioni di utenti: aziende che sfruttano il passaparola per intercettare nuovi clienti, start up che sperimentano nuovi mercati, sviluppatori che rilasciano applicazioni.

La ricerca guarda in primo luogo l'impatto diretto: gli stipendi per i dipendenti e i collaboratori, le attrezzature, gli uffici e i fornitori. L'azienda di Palo Alto dà lavoro direttamente a tremila persone nel mondo, una decina in Italia. Secondo: la 'business partecipation', segmento in cui sono raggruppate le aziende che aumentano il fatturato sfruttando la presenza sul social network. In che modo? «Esistono due possibilità - risponde Sir Richard Allan, responsabile policy per l'Europa di Facebook -. La prima è la fan page, attivabile gratuitamente, dove le aziende possono costruire una community. La seconda, le inserzioni pubblicitarie. Le pmi possono raggiungere una larga fetta di popolazione e i mercati stranieri, decidendo a priori su quale target indirizzare l'offerta».

È qui che l'Italia si distingue: la parte 'business partecipation' vale 1,6 miliardi di dollari e oltre 21mila posti di lavoro, dunque più di Inghilterra e Germania, nonostante la crisi. «I brand che hanno una presenza online crescono più in fretta - sottolinea Allan -. Quando l'economia va male le aziende cercano nuovi modi per intercettare clienti e vendere prodotti». Due esempi: Banca Ifis ha lanciato il conto deposito 'Like' sulla base delle richieste ricevute nella pagina Facebook, 4WDItalia è una piccola azienda che importa ricambi e accessori per Jeep dagli Stati Uniti che senza il passaparola del social network non sarebbe nemmeno nata.

A concludere le voci della ricerca ci sono gli effetti legati alla piattaforma: ovvero quella miriade di aziende di sviluppatori nate sull'onda della diffusione delle applicazioni. Facebook, con il passare degli anni, è 'uscito' dai suoi confini diventando una piattaforma. I pulsanti 'Like' si trovano in migliaia di siti internet, presto ne arriveranno altri per condividere l'attività che si sta facendo in quel preciso momento. Questa trasformazione coinvolge in primo luogo le aziende di terze parti: laboratori creativi che, nel caso della quotata Zynga, raggiungono 2.800 dipendenti.
Infine, le vendite di tecnologia: i ricercatori intendono la connettività a Facebook un volano per l'industria di smartphone, tablet e connessioni a internet fisse e mobili per un totale di 800 milioni di euro e 10mila posti di lavoro.

«La vivacità delle aziende italiane su Facebook mi ha piacevolmente sorpreso - commenta Mariano Corso, responsabile dell'Osservatorio Smart Work del Politecnico di Milano -. Agli aspetti evidenziati dalla ricerca, andrebbe aggiunto l'aumento della produttività».
Una ricerca dell'osservatorio su manager e professionisti tra i 25 e i 60 anni evidenzia come i social network siano la piattaforma più utile a livello professionale. «Questi strumenti creano nuove forme per le professionalità esistenti e ne creano di nuove. Qualche esempio: i community manager, gli specialisti di marketing multipiattaforma e chi si occupa di massimizzare la visibilità e la reputazione online».
«Non dimentichiamoci di Linkedin e Twitter - conclude Corso -. Il primo ha rivoluzionato il mondo della ricerca del lavoro, il secondo è il fenomeno del momento per il mondo della comunicazione e deve ancora dimostrare del tutto le sue potenzialità».

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