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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2012 alle ore 15:34.

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Il cestello della lavatrice non vibra? L'iPhone si connette velocemente a Internet? La stampante offre bei colori e il Gps indica la corretta destinazione? Bè, è anche grazie ai microchip. Quei piccolissimi processori, presenti in mille prodotti, di cui StMicroelectronics è tra i primi "costruttori" al mondo. Una presenza globale che spesso richiede, per crescere, partnership strategiche.

Un esempio? La sua joint venture paritetica con Ericsson nel wireless. Solo che, non sempre, le cose girano per il verso giusto. Proprio la jv, infatti, ha condizionato i risultati 2011 dell'intero gruppo. L'azienda ha sì chiuso in nero, con l'utile a 650 milioni di dollari (erano 830 a fine 2010). E, tuttavia, ha dovuto imputarsi nel wireless una perdita operativa di 399 milioni, al netto delle minority. Ovvio, quindi, che il gruppo sia concentrato sul turnaround del business. Quale, però, la sua road map? Il piano di rilancio dovrebbe essere presentato con i prossimi dati trimestrali, se non prima. È probabile comunque, secondo gli esperti, che il break even non sia previsto per il 2012.

Il problema della partnership, si sa, è stata la migrazione di Nokia verso il sistema operativo di Microsoft negli smarthphone. Una scelta che, nonostante le assicurazioni della stessa Nokia, nel periodo di transizione non ha visto confermati gli ordini sulla tecnologia di St-Ericsson. La quale, giocoforza, ha dovuto fronteggiare il "buco" di domanda da parte dell'azienda finlandese. Attualmente, comunque, la piattaforma integrata U 8500 della jv, valida anche per la star dei sistemi operativi (Android di Google), ha già acquisito nuovi clienti. Certo, non la condizione sufficiente. Tuttavia, i primi passi nella giusta direzione. Un rilancio che, dopo aver fatto segnare a fine 2011 investimenti per 800 milioni di dollari (400 per St), richiederà nel breve periodo qualche altro centinaio di milioni. Da dividere fifty-fifty con gli svedesi, in attesa che il piano di turnaround veda luce. Poi, si attenderanno gli sviluppi, anche sul fronte contabile.

Allo stato attuale, va detto, l'investimento nella jv non è oggetto di alcuna svalutazione. Ovviamente, però, la prospettiva di sviluppo del business sarà presa in considerazione di trimestre in trimestre: se la valutazione sarà sostenibile, allora resterà immutata. Altrimenti, potrebbe esserci il cambiamento.

Il rilancio del business
Già il cambiamento. Il business di St, è ovvio, non si ferma all'intesa con gli svedesi. Importante sì (i ricavi totali nel 2011 sono calati del 5,9% anche a causa dei problemi della jv) ma non esclusiva. La prova? È presto detto: il fatturato delle attività interamente di proprietà del gruppo guidato dal ceo Carlo Bozotti sono saliti, nello scorso esercizio, a 8,2 miliardi (+1%) con il margine operativo all'11,4 per cento. Come a dire, insomma, che al di là della joint venture St è riuscita a realizzare una performance «robusta». E questo a fronte, anche, del rallentamento del mercato mondiale dei semiconduttori, in particolare nella seconda metà del 2011. Quel mercato che la società iSuppli stima, nel 2012, in timida crescita: un incremento del 3,3% (a 323,2 miliardi di dollari) rispetto alla media dell'8% sugli ultimi 11 anni.

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