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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2012 alle ore 09:53.

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Lunedì, dopo una lunga notte, l'Eurogruppo ha dato l'ok al secondo salvataggio della Grecia. Un pacchetto da 130 miliardi (criticato da più parti perché vincolato a rigide misure di austerity a cui non fanno da contraltare riforme volte alla crescita del Paese, da cinque anni consecutivi in recessione).

In ogni caso, almeno per un po' sembrerebbe una boccata d'ossigeno. E allora perché ieri l'agenzia di rating Fitch ha declassato ulteriormente il rating (giudizio capacità di solvibilità) di Atene da "CCC" a "C"? Un taglio netto che porta adesso la Grecia a un solo "notch" dalla "D" di default.
Come a dire che la Grecia è a un passo dal burrone nonostante abbia appena ricevuto un'iniezione di liquidità senza precedenti. C'è una spiegazione. I dubbi sulla Grecia - gli stessi che da qualche giorno stanno spingendo i mercati verso un atteggiamento guardingo - non riguardano più il piano di aiuti ma lo swap (cambio) sui titoli governativi e sull'ammontare delle perdite da iscrivere ai creditori privati. Perdite che i creditori - a giudicare da quanto visto dagli ultimi bilanci che stanno arrivando (ieri Mediobanca, oggi Crédit Agricole e Dexia) - stanno pagando caro a fronte di imponenti svalutazioni.

Secondo gli analisti di Fxcm, l'augurio è che «si riesca a convincere gli investitori privati a partecipare in maniera volontaria al piano di ristrutturazione del debito».

Il piano «prevede secondo le prime dichiarazioni il taglio del valore nominale del debito dal 50% al 53.5% e l'emissione di nuovi titoli su diverse scadenze, con cedole riviste al ribasso e che vorrebbero dei rendimenti al 2% sul time frame 2014, al 3% per quanto concerne i titoli che dovranno essere rimborsati tra il 2015 ed il 2020 (anno in cui si dovrebbe raggiungere un rapporto tra debito e Pil del 120.5%) e del 4.3% per scadenze successive».

In caso di mancata adesione volontaria «Atene si troverebbe costretto ad obbligare i creditori ad accettare questa proposta, facendo così scattare il default tecnico ed azionando i contratti di credit default swap (contratti che coprono dal rischio fallimento, ndr)».

Un ruolo chiave nel dipanarsi della crisi sarà svolto dai fondi hedge. «In passato - spiegano gli analisti di Fxcm - abbiamo avuto la dimostrazione che il mondo bancario sembra effettivamente essere pronto a cercare di mettere una pezza su questa situazione, ma cosa succede se i grossi fondi hedge non dovessero annuire di fronte a tali prospettive? Il fatto di aver replicato molte mosse già viste durante la crisi subprime andando ad effettuare acquisti di debito greco a mani basse, contornati dal fatto di essere la parte long su molti dei Cds presenti risulta essere un campanello di allarme credibile e molto pericoloso, in grado di far rimanere il mercato all'interno di livelli abbastanza precisi, in attesa che arrivino delle notizie certe in grado di indirizzare meglio il sentiment degli operatori».

www.twitter.com/vitolops

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