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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 alle ore 12:37.

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Oggi è il giorno del bilancio. Scocca infatti il 100° giorno del governo Monti nato il 16 novembre 2011. Gli effetti sull'economia reale delle due maxi-manovre varate in tempi record si vedranno, se ci saranno, più in là. Se guardiamo però come si è mosso la spread tra BTp e Bund a 10 anni - considerato il termometro della crisi - dall'insediamento del nuovo premier a oggi, un primo bilancio è già possibile.

Il 9 novembre - giorno in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano telefona a Mario Monti per nominarlo senatore a vita e aprirgli la strada verso Palazzo Chigi - il differenziale di rendimento tra BTp e Bund a 10 anni si attestava a 552 con i rendimenti dei BTp oltre la soglia critica del 7%, oltre la quale Grecia, Irlanda e Portogallo sono state costrette inesorabilmente a ricorre all'aiuto forzoso della Troika (Ue-Fmi-Bce).

Il primo-Effetto Monti sullo spread si vede l'11 novembre quando le indiscrezioni sulla sua scalata a Palazzo Chigi sono confermate: Silvio Berlusconi si dimette da premier. Lo spread scende a 456 punti. Dopodiché riprende la corsa al rialzo, in attesa di conoscere la nuova compagine governativa. Il giorno in cui nasce il governo (16 novembre) lo spread è di nuovo in alto, a quota 529. Ma due giorni dopo, quando la squadra scelta da Monti incassa la fiducia della Camera, scende a quota 467.

La prossima tappa è il decreto salva-Italia varato il 6 dicembre: lo spread scende a 368 punti. A questo punto però i rendimenti dei titoli di Stato italiani riprendono la corsa al rialzo, vanificando parzialmente gli effetti dell'insediamento dell'ex commissario Ue alla guida dell'Italia.

A fine dicembre quanto Monti in conferenza stampa spiega che lo spread «vuole un'Ue più incisiva» il differenziale viaggia a 518 punti formalizzando nelle aste di titoli di Stato sul mercato primario rendimenti allarmanti se proiettati alle emissioni che aspettano il Tesoro fino ad aprile 2012.

Dopo il decreto salva-Italia il discorso di Monti è chiaro: i BTp a questo punto, nonostante una manovra di austerity e gli acquisti protettivi della Bce salgono a causa delle incertezze dell'Ue nell'approvare la riforma del fondo salva-Stati e nell'affrontare il delicato problema della Grecia, chiamata a rimborsare a marzo un bond da 14,4 miliardi, avendo già esaurito la benzina del primo salvataggio da 110 miliardi nel 2010.

L'11 gennaio Monti incontra la cancelliera tedesca Angela Merkel per provarla a convincere della bontà del percorso di risanamento avviato in Italia. E va a segno. Lo spread da quota 531 inancella una forte discesa, con limitati strappi al rialzo. Il 20 gennaio, quando il Consiglio dei ministri vara il decreto sulle liberalizzazioni lo spread scende a 432 punti base. La discesa prosegue, intensificata anche dalle aspettative sul buon esito della nuova maxi asta della Bce a favore delle banche europee di fine febbraio (si prevede una domanda fino a 1.000 miliardi, superiore alla prima asta di dicembre). Il 21 febbraio l'Eurogruppo, dopo una serie sterminata di sedute a vuoto,approva il nuovo pacchetto di aiuti alla Grecia. Lo spread scivola a 346. Per poi risalire nei giorni seguenti, complici prese di beneficio sui mercati azionari, in forte rialzo da inizio anno.

E si arriva al 24 febbraio, allo scoccare del 100esimo giorno, con il "termometro della crisi" lievemente sotto i 360 punti. Ovvero sotto la soglia critica dei 370 punti indicata dalla Commissione europea come il confine per la stabilità futura della Paese.

www.twitter.com/vitolops

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