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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 15:53.

L'austerity delle due manovre sinora approvate dal Governo Monti (decreto salva-Italia e decreto sulle liberalizzazioni che nei prossimi giorni attende la conversione in legge) colpisce anche le banche. O almeno ha suscitato le critiche anche degli istituti di credito, finora considerati privilegiati da molti che hanno definito bancocentriche alcune scelte compiute dalla squadra del premier.
La protesta degli istituti di credito riguarda in particolare il tema dell'azzeramento delle spese di apertura e gestione per conti correnti rivolti ai pensionati con assegni fino a 1.500 euro (quelle di chiusura sono state già azzerate, su tutti i conti correnti, dalla lenzuolata di Bersani del 2007).
Contestato in particolare l'emendamento al decreto sulle liberalizzazioni che mira a integrare/modificare l'articolo 12 del decreto salva-Italia (decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). L'emendamento aggiorna l'articolo 27 della legge in approvazione sulle liberalizzazioni con il seguente testo: «Dovrà in ogni caso essere garantita la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all'accredito e al prelievo della pensione del titolare per gli aventi diritto a trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro mensili, ferma restando l'onerosità di eventuali servizi aggiuntivi richiesti dal titolare».
Le banche non hanno tardato a fare i calcoli. Considerando che in Itaila la massa critica di pensionati è di 16,7 milioni, di cui 9 milioni percepiscono l'assegno pensionistico sul conto corrente bancario; e considerando costi medi di un conto corrente di 110 euro euro, le banche stimano in 1 miliardo di euro all'anno l'impatto della manovra sui bilanci. E non ci stanno. «Sembra che il decreto liberalizzazioni si declini nei confronti delle banche in maniera opposta, aumentando i vincoli», ha detto nei giorni scorsi direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini.
La prossima settimana, quando è atteso il voto sulla legge da parte del Parlamento, sarà decisiva per capire chi - tra banche e parti sociali - l'avrà spuntata. Nel frattempo resta da chiarire se i 1.500 euro indicati nella norma sono lordi o netti. E resta da chiarire la posizione dei pensionati "non bancarizzati", ovvero quelli che attualmente si fanno accreditare l'assegno pensionistico su altri prodotti (2 milioni utilizzano Banco Posta, 4,7 il libretto postale, e 850mila ritirano la pensione in contanti)
Ma non finisce qui. Altro punto oggetto di emendamenti riguarda l'articolo 29. Un emendamento presentato dai relatori Filippo Bubblico (Pd, nella foto) e Simona Vicari (Pdl), prevede che l'erogazione di un mutuo non potrá essere vincolata «all'apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario».
Lo stesso emandamento aggiorna il delicato tema delle assicurazioni Cpi (Credit protection insurance) sui mutui, quelle che coprono il rimborso delle rate in caso di perdita del posto del lavoro, problemi di salute e morte.
L'emendamento prevede che le banche devono presentare al cliente «almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi». Il cliente sará comunque libero di «scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo».
In questa caso, la storia sarebbe un po' diversa rispetto alla prima versione dell'articolo 29 che introduce, senza ulteriori specifiche, la novità dei due preventivi obbligatori offerti dalla banca.
Va pur detto che sia la prima che la nuova (eventuale) versione prevedono esplicitamente che le banche possono condizionare l'erogazione del mutuo alla firma di una polizza assicurativa. Il che, a dirla proprio tutta, sembra tutt'altro che una misura non bancocentrica.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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