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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2012 alle ore 08:07.

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ROMA - La norma sulla nullità delle commissioni bancarie è la «goccia che ha fatto traboccare il vaso». Lo spiega il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, nel corso di un'affollata conferenza stampa convocata alle tre del pomeriggio mentre al Senato è in corso la votazione sulla fiducia al maxiemendamento del decreto liberalizzazioni ancunciando che l'intero comitato di presidenza dell'Associazione dei banchieri. E annuncia che alla luce delle misure in corso di approvazione ha deciso di dimettersi, consegnando il mandato al Consiglio che dovrebbe riunirsi martedì prossimo, l'intero comitato di presidenza dell'associazione dei banchieri (oltre a Mussari ne fanno parte Antonio Patuelli, Corrado Sforza Fogliani, Guido Rosa, Giovanni Pirovano, Camillo Venesio, Francesco Micheli). «Vogliamo essere trattati per quello che valiamo» dice il responsabile di Palazzo Alteri aggiungendo che l'Abi «chiede di tornare al disegno originario della norma, cioè all'eliminazione delle commissioni solo per le banche che non rispettano la trasparenza».

Così, invece, è un'imposizione di legge, una sanzione senza il comportamento da sanzionare e vieta ricavi che sono legittimi». Mussari commenta così il fatto che non sia stata apportata dal governo un'adeguata correzione, peraltro suggerita anche dal relatore al provvedimento: «E' come dire: chiunque uccide un uomo è condannato a 21 anni di prigione. Se salta dal testo la frase 'uccide un uomo' otteniamo che chiunque è condannato a 21 anni di reclusione». La norma, ha spiegato Mussari è «l'ennesima disposizione avversa a un certo modello di fare banca. Restiamo convinti», ha aggiunto, «che il nostro sia virtuoso.

È evidente che non dobbiamo mai smettere di fare sforzi sulla concorrenza, ma non possiamo accettare l'imposizione di prezzi amministrati o norme che impediscano di offrire servizi». L'articolo 27 bis del Decreto liberalizzazioni, ha sottolineato il numero uno di Palazzo Altieri, «danneggia gravemente le imprese bancarie, ma ancor più tutte le imprese del Paese. Saremo costretti a rivedere complessivamente tutta la nostra politica creditizia e temiamo che allontanerà gli impieghi di tutte le banche straniere in Italia». Mussari ha poi difeso con forza «il grande lavoro» fatto dagli istituti di credito italiani «a favore di imprese e famiglie, di cui l'ultimo esempio è la moratoria sul credito». Per questo, ha osservato, «riteniamo non sia più tollerabile che l'atteggiamento nei confronti dell'industria bancaria italiana sia così avverso: un Paese che non sta vicino alle proprie banche è un Paese che non sta vicino a se stesso. Se si continuasse ad incidere sui ricavi ricorrenti delle banche», ha avvertito il Presidente dell'Abi, «anche la salvaguardia dei livelli occupazionali assicurata con l'ultimo rinnovo contrattuale rischierebbe di essere vanificata».

Il Presidente dell'Abi ha ipotizzato anche un possibile «effetto boomerang: se la norma resterà così com'è», ha affermato, «per mettere a disposizione i soldi bisognerà rivedere l'intero sistema di politica creditizia e se dovessimo mettere un tasso d'interesse anche sugli affidamenti non utilizzati è chiaro che il conto economico delle famiglie e delle imprese cambierebbe». E anche per questo, ha rilevato Mussari, «abbiamo ricevuto la solidarietà di tutte le associazioni di imprese».

Il leader dell'associazione dei banchieri ha poi negato che le dimissioni possano essere lette come «un gesto di frustrazione. Avevamo bisogno», ha detto, «di dare un segnale chiaro di fronte a questa situazione». L'Abi è pronta ad andare fino in fondo contro la norma e se non verrà modificata, ha annunciato il vice presidente vicario, Antonio Patuelli, «ci riserviamo di ricorrere anche in sede europea».

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