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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2012 alle ore 10:05.

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Poter attrarre capitali dall'estero per finanziare l'elevato debito pubblico è importante per l'Italia e per molti altri Stati europei. L'Italia può contare su un tasso di risparmio buono ma la riduzione del numero degli investitori esteri resta un elemento negativo ed un fattore di vulnerabilità ai fini del rating. Il rating sull'Italia è' stato abbassato anche per la riduzione del punteggio sul fattore esterno che riflette il nostro parere di una sostanziale esposizione dell'Italia a passività esterne a breve termine. Secondo le nostre valutazioni il rapporto di indebitamento esterno a breve termine su scadenza residua supera il 100% delle entrate correnti. Riteniamo che le entrate correnti rappresentino una misura adeguata della capacità di un'economia di generare valuta estera

Anche far parte dell'Eurozona è divenuto ora un handicap?
Innanzitutto bisogna tener presente che ci sono meno rating sovrani "AAA" in Europa e nel mondo rispetto a qualche anno fa. E questo vale anche per le banche e per i corporate. La crisi economica e finanziaria ha avuto un impatto importante sul merito di credito perché ha accelerato il trend dei declassamenti in generale. Ma noi non siamo negativi sull'euro e l'eurozona di per sé e riteniamo che l'unione monetaria sia, in termini globali, positiva. Quello che ci ha delusi è stata la risposta delle politiche europee alla crisi. La reazione dell'Europa, esclusa la Banca centrale europea che con i suoi interventi ha aiutato a frenare il peggioramento della crisi, non ha dato risposte adeguate alle sfide che deve fronteggiare. Per questo motivo abbiamo rivisto i 17 rating sovrani nella zona dell'euro.

Il fiscal compact? I firewalls? Non bastano?
I firewalls aiutano, certo. Il fiscal compact è un passo in avanti. Ma vale per l'Europa quello che cerchiamo nei singoli Stati: politiche che garantiscano la sostenibilità della crescita e della tenuta dei conti pubblici. Le prospettive di crescita invece si sono abbassate per molti Stati europei quest'anno...Un fattore che pesa per il rating è il trend della crescita.

Perché la Germania è l'unico Stato dell'Eurozona ad aver conservato la "AAA" con outlook stabile? La Germania non si espone al rischio di perdere la tripla A per farsi carico della quota maggiore nel salvataggio in corso di Grecia, Portogallo e Irlanda e, se le cose dovessero mettersi male, anche di una crisi di liquidità di Italia e Spagna?
La Germania ha un rating AAA rapportato allo scenario base sull'andamento della crescita del Pil, delle entrate e della spesa pubblica, del disavanzo. E mantiene questa tripla A anche rispetto allo scenario alternativo, anche nel caso di caduta del Pil dell'1,5% con eleevato disavanzo e un alto tasso di disoccupazione. Anche nel caso di tutti questi peggioramenti, la AAA tedesca resterebbe. In quanto ai fattori esterni ai quali si riferisce la domanda, non fanno parte del nostro scenario alternativo (che invece si rifà ai fondamentali) ma entrano negli scenari di stress: al di là della Grecia, la probabilità di fallimento di altri Stati non è ponderata. Irlanda, Spagna e Italia sono ancora investment grade, la probabilità di default è bassissima.

Però se l'Europa va male e fa male, se non riesce a risolvere strutturalmente la crisi europea, allora anche il rating italiano ne soffrirà?
Noi valutiamo gli Stati come singole entità, Ma se ci sono fattori europei che possono incidere sul merito di credito dei Paesi che ne fanno parte li teniamo in considerazione. L'outlook negativo dell'Italia può ritornare stabile se ci saranno miglioramenti strutturali sulla riduzione del debito e sulla crescita che deve aumentare in maniera sostenuta nel tempo. La nostra metodologia sui rating sovrani è divenuta più trasparente, analizziamo come cinque fattori (politico, economico, esterno, fiscale e monetario) influiscono sulla volontà e sulla capacità di un governo di onorare il proprio debito alla scadenza stabilita e in maniera integrale. Le valutazioni hanno un punteggio da 1 a 6. Ma la sostanza è sempre la stessa, non è cambiata: anche per l'Italia resta confermata l'enfasi sull'alto debito pubblico, che deve calare strutturalmente, e sulla crescita che deve aumentare in maniera sostenuta nel tempo.

Quel che sta cambiando e cambierà è il contesto normativo nel quale operate. L'Europa intende riformare il mercato dei rating. Qual è la vostra posizione riguardo le misure allo studio?
Noi siamo sempre stati favorevoli alla regolamentazione che aumenta la concorrenza e la trasparenza e che quindi rende il mercato migliore. Se dovesse diminuire la dipendenza forzata nei confronti dei rating (uso dei rating in Basilea 3 e per i collaterali della Bce ndr.) , per noi è uguale: sta all'investitore decidere se i nostri rating sono utili e hanno valore oppure no. La proposta di abolizione dei rating sovrani "unsolicited" (quelli senza rapporto contrattuale tra S&P e lo Stato ndr.) riduce per contro l'informazione per gli investitori e questo non è positivo.
Uno Stato con un alto debito senza rating e con meno informazioni non si trova in una situazione migliore rispetto ai suoi potenziali investitori-creditori. Il rating fornisce soltanto una misura comparabile a livello mondiale merito di credito relativo. Infine la rotazione imposta alle agenzie di rating secondo noi rischia di aumentare la volatilità dei rating, di ridurre la concorrenza e l'incentivo a fare sempre meglio perché la rotazione avverrà su base meccanicistica.

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