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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 17:06.
Un ambiente «tossico e distruttivo», dove l'etica viene accantonata e i profitti continuano ad essere messi al di sopra di tutto, anche degli interessi dei clienti. Così Greg Smith - dimessosi da direttore esecutivo di Goldman Sachs, responsabile dei prodotti derivati in Europa - descrive il clima tossico che si respira in quella che è una delle più grandi banche d'affari al mondo.
Un declino morale. «Oggi è il mio ultimo giorno a Goldman Sachs». Comincia così la lettera apparsa sul New York Times con cui Smith sottolinea come «nel modo in cui la banca funziona e pensa di fare soldi l'interesse dei clienti continua a passare in secondo piano». Poi l'attacco ai vertici di Goldman Sachs, il ceo Lloyd Blankfein e il presidente Gary Cohn: «Quando i libri di storia saranno riscritti su Goldman potranno mostrare come hanno lasciato cadere la cultura dell'impresa mentre loro tenevano le redini del gruppo. E un declino dello spessore morale dell'impresa - avverte Smith - nel lungo termine rappresenta una serissima minaccia per la sua sopravvivenza».
La replica dell'istituto. Goldman Sachs non ha perso tempo: dopo le parole di fuoco che Greg Smith, dirigente dimissionario, ha messo nero su bianco in un editoriale sul New York Times, la banca ha immediatamente preso le distanze dalle accuse: «Non siamo d'accordo con il punto di vista espresso, che non rispecchia il modo in cui conduciamo le nostre attività. Secondo noi, possiamo avere successo solo se i nostri clienti hanno successo e questa verità fondamentale è il cuore di come ci comportiamo», ha detto un portavoce di Goldman. Smith lascia la società dopo dodici anni di lavoro. La sua provocazione è subito diventata trending topic su Twitter.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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