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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 16:55.

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I due volti della crisi. Da un lato molte banche italiane ed europee che - travolte dalla crisi dei debiti sovrani sfornano conti in rosso- dall'altro le banche statunitensi, con miliardi di profitti. A questo punto della crisi economica, originata proprio dai mutui subprime concessi allegramente dalle banche statunitensi con prodotti derivati agganciati ai subprime e spalmati dagli stessi big del credito a stelle strisce in tutto il mondo (banche europee annesse), i conti non tornano.

Stessa dinamica in Borsa. Mentre la gran parte degli istituti di credito del Vecchio Continente ha vanificato i guadagni messi a segno sui mercati nel rally dei primi due mesi dell'anno - alimentato anche dalle aspettative per la seconda maxi-asta della Bce - i big del credito degli Stati Uniti sfoggiano percentuali a doppia cifra.

Si va dal +56% di Bank of America, al +30% di Jp Morgan, seguita da Goldman Sachs e Citigroup (+27%), Wells Fargo (+19%) e Morgan Stanley (+14%). Al netto del forte ribasso accusato nella seduta di venerdì 13 aprile.

Ancora una volta protagonisti i mutui
E ancora una volta, ne bene e nel male, i mutui sono al centro delle attenzioni degli investitori. Proprio venerdì 13 aprile JP Morgan e Wells Fargo (rispettivamente la prima banca statunitene per asset e la prima per capitalizzazione di mercato) hanno presentato agli investitori i conti del primo trimestre. Il giro d'affari di Jp Morgan è aumentato del 6% a 26,7 miliardi di dollari anche grazie al segmento del credito ai consumatori cresciuto nel primo trimestre a 1,75 miliardi rispetto al rosso di 399 milioni di un anno fa. Gli utili sono però diminuiti del 3,1% a 5,4 miliardi di utili a causa degli accantonamenti per far fronte alle massicce spese sulle cause legate alla vendita di prodotti derivati agganciati ai subprime. Anche Wells Fargo ha visto aumentare il fatturato (+6,4%). Bene l'utile (+13% a 4,2 miliardi) nonostante anche in questo caso l'istituto abbia dovuto svalutare, complici anche le spese legali sui "vecchi mutui", 430 milioni di dollari.

Quindi i mutui, nel bene e nel male, continuano a contrassegnare l'andamento delle banche americane. I "nuovi mutui", spinti dalla ripresa del mercato immobiliare favorito da tassi bassi (la Federal Reserve ha indicato che resteranno eccezionalmente bassi almeno fino al 2014) stanno trainando i conti trimestrali. Allo stesso tempo i "vecchi mutui" (e le spese legali agganciate ai derivati collegati ad essi venduti spesso a clientela retail ignara dei rischi dell'investimento) rosicchiano parte della spinta propulsiva sui conti dei nuovi contratti.

Per questo motivo, ieri i titoli delle due banche hanno perso terreno a Wall Street (trascinando il resto del comparto). Anche se a detta degli esperti i bilanci delle due banche offrono un quadro moderatamente incoraggiante della ripresa in corso negli Stati Uniti.

La sbornia subprime non è ancora passata
È vero. Le big bank americane stanno correndo da inizio anno. Ma se allarghiamo lo sguardo da luglio 2007 - quando è difatti scoppiata la bolla dei derivati subprime - il passivo in Borsa resta ancora massiccio. Si va dal -81% di Bank of America, dal -73% di Morgan Stanley, al -41% di Goldman Sachs e al -29% di Citigroup. Mentre hanno quasi azzerato del tutto le perdite Wells Fargo (-5%) e Jp Morgan (-3,5%) (guarda la tabella completa delle performance in Borsa).

Ombra sul futuro
C'è da capire a questo punto, per capire se il rally delle banche Usa inanellato da inizio anno possa proseguire, quanto l'ombra dei vecchi mutui continuerà a pesare sulla crescita dei nuovi mutui e dei conti di bilancio. Nella speranza che questi nuovi prestiti non si trasformino in una seconda edizione dei subprime. Perché questa volta tanto gli Stati Uniti, ma soprattutto l'Europa (travolta dalla crisi dei debiti originata a valle proprio dal contagio dei derivati subprime) non hanno più in faretra frecce per scacciare un'altra crisi.

www.twitter.com/vitolops

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