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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 07:47.
La crescita va rimessa al centro dell'agenda europea. Il presidente della Bce Mario Draghi, che la settimana scorsa aveva invocato un "patto per la crescita", ne ha messo in fila ieri i tre elementi essenziali: le riforme strutturali, comprese liberalizzazioni e riforma del mercato del lavoro, il rilancio degli investimenti in infrastrutture, anche attraverso un aumento dell'azione della Banca europea per gli investimenti, già concordata dai Governi, e un percorso per definire il futuro dell'euro nei prossimi dieci anni, come si fece negli anni 90 quando fu creata l'unione monetaria. «Dobbiamo fare chiarezza sul nostro futuro europeo comune», ha detto.
È significativo che Draghi abbia insistito sulla crescita dopo che il consiglio della Bce si era riunito in mattinata a Barcellona, nella Spagna dove un lavoratore su quattro è disoccupato e un giovane su due non trova lavoro, e che è diventata ormai l'epicentro della crisi dell'eurozona. In serata, Draghi e gli altri governatori hanno incontrato il nuovo capo del Governo spagnolo, Mariano Rajoy (di cui ha applaudito il lavoro svolto in breve tempo), a una cena al palazzo reale di Pedralbes. Alla crescente insofferenza delle opinioni pubbliche d'Europa e dei politici contro le politiche di austerità, il presidente della Bce ha ribattuto che «non c'è contraddizione» fra "patto per la crescita" e "patto fiscale", anche se ha ammesso che nel breve termine il rigore di bilancio pesa sulla crescita.
Ma, ha affermato, i conti pubblici in ordine sono uno dei pilastri su cui si basa una crescita sostenibile. Draghi ha attribuito la responsabilità per mettere in moto quest'ultima anzitutto ai Governi, anche se nelle sue risposte ha girato alla larga dalle polemiche sollevate in campagna elettorale in Francia e in Grecia. Gli ultimi dati, tutti negativi, «sottolineano la prevalenza dell'incertezza» nel quadro economico, ha detto Draghi, ma non sono sufficienti, a suo avviso, a far cambiare all'istituto di Francoforte il suo scenario di base, che resta di una ripresa graduale nel corso dell'anno. La Bce pubblicherà la revisione delle sue previsioni il mese prossimo: la maggior parte degli osservatori si aspetta un ritocco al ribasso e qualcuno pensa che, in seguito, un ulteriore deterioramento dell'attività potrebbe indurre la Bce ad abbassare i tassi d'interesse.
Per il momento, tuttavia, l'istituto di Francoforte non ritiene di doversi muovere: i tassi d'interesse all'1% sono ai minimi storici in termini nominali e negativi in termini reali. Un taglio non è stato neppure discusso. «La politica monetaria rimane accomodante - ha osservato Draghi - e non si può negare che la liquidità abbondi», dopo le due operazioni di finanziamento triennale (Ltro) alle banche per oltre 500 miliardi di euro netti. Il presidente della Bce non si è sbilanciato sulla possibilità che ne venga effettuata un'altra, né sull'ipotesi di riprendere gli acquisti di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, fra i quali la Spagna sarebbe il principale candidato.
Secondo il capo dell'Eurotower, l'effetto delle Ltro non si sta esaurendo e anzi richiederà ancora tempo per dispiegarsi: nel frattempo ha però evitato un grave credit crunch, mentre si cominciano a vedere condizioni meno tirate nell'offerta di credito, un rafforzamento dei depositi bancari, soprattutto nei Paesi in difficoltà, un recupero degli aggregati monetari anche se a livelli ancora depressi e una riduzione della volatilità dei mercati finanziari. Draghi ha detto che la Bce deciderà a giugno se continuare la politica di fornitura illimitata di liquidità alle banche varata nell'ottobre scorso. Decisione ritenuta probabile sui mercati.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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