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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2012 alle ore 06:41.

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Nessun riscatto per Facebook a Wall Street. Al contrario, un tonfo: il titolo del leader dei social network, che aveva deluso al debutto di venerdì, è caduto bruscamente ieri fin dai primi minuti di contrattazione scivolando sotto il prezzo di collocamento.

Assediato dallo scetticismo, ha perso fino al 13,7%, a quota 33 dollari senza riuscire più a riprendersi e terminando la seduta a quota 34 - in calo del 11% e bruciando circa 10 miliardi di capitalizzazione di mercato, scesa a 95 miliardi. Il nervosismo si è tradotto anche in elevati volumi di scambi: 52 milioni di titoli nei soli primi quindici minuti.
La flessione di Facebook era parsa nelle carte. Nel giorno del collocamento, segnato anche da una grave debacle tecnologica del Nasdaq che potrebbe dover rimborsare agli operatori fino a cento milioni di dollari, il titolo era stato soccorso dalla cordata delle banche sottoscrittrici guidate da Morgan Stanley. Un continuo aiuto era stato però escluso da fonti di Wall Street. Alcuni investitori rischiano così perdite significative: rispetto al prezzo massimo toccato venerdì, 45 dollari, la flessione è vicina 25 per cento.

La cautela contagia gli analisti. Pivotal Research ha un target sul titolo non oltre i 30 dollari, influenzato «da preoccupazioni per la crescita del gruppo e per le incertezze sulle sue entrate pubblicitarie, per i costi in aumento e i rischi insiti in acquisizioni». Facebook è impegnata a rafforzare la tecnologia e le attività, una strategia che però la espone a nuovi costi e a incerti esiti. Il prezzo di collocamento di 38 dollari secondo Pivotal avrebbe scommesso, da parte delle banche e della società, su una “perfezione” del business, senza tener conto delle incognite. Altri sono ancora più pessimisti: dubitano che le entrate di Facebook potranno continuare a lungo a marciare al passo di aumenti del 40% o del 50% l'anno, necessari a giustificare una market cap da cento miliardi, è ritengono che valori più ragionevoli si aggirino sui 60 miliardi. Richard Greensfield di BTIG ha dato una raccomandazione neutrale sul titolo, definendo la valutazione “non attraente” viste le sfide del gruppo nel monetizzare soprattutto i nuovi utenti “mobili” su smart phone e tablet. Anche se non manca chi ieri ha previsto che il titolo sappia raggiungere i 48 dollari entro un anno.

L'eccesso di ottimismo, alla vigilia dell'Ipo, di sicuro ha causato una particolare arroganza che ha amplificato gli iniziali rischi di ribassi delle azioni: è infatti raro che, come ha fatto Facebook, una Ipo arrivi al debutto alzando sia il prezzo che il numero delle azioni collocate. «Hanno sovrastimato la domanda» ha dichiarato Michael Pachter di Wedbush Securities.
Ma se Facebook delude e soffre, il Nasdaq che ha ospitato il collocamento ha la propria grave crisi da risolvere. Venerdì ha fallito la gestione di un Ipo comunque record. Un imbarazzo che potrebbe pagar caro non solo in termini di risarcimenti ma nella battaglia concorrenziale tra gli exchange per aggiudicarsi preziosi sbarchi in Borsa. Anche i risarcimenti potrebbero non essere da poco: il Nasdaq spera di stanziare 13 milioni per “sanare” compravendite mancate o ritardate a causa dell'improvviso cortocircuito nel sistema di modifica e cancellazione elettronica degli ordini.

La parola decisiva spetterà però alla Sec e alla Finra, l'associazione di autoregolamentazione del settore finanziario. Il marker maker Knight Capital Group ha calcolato che i danni, per decine di società, potrebbero raggiungere i cento milioni. Almeno 30 milioni di titoli sarebbero stati coinvolti nella paralisi.
Test e preparativi delle vigilia non avevano evidenziato la vulnerabilità della piattaforma, ha ammesso il Ceo del Nasdaq Bob Greifeld. Secondo le riscostruzioni, ritardi iniziali di millesimi di secondo nello stabilire il prezzo di apertura del titolo Fb hanno causato una sorta di tamponamento a catena nella gestione degli ordini successivi, bloccando il sistema e lasciando trader e investitori all'oscuro, privi di conferme sull'esecuzione o meno delle transazioni. Già nei mesi scorsi un altro grande exchange elettronico, il Bats, era stato costretto a cancellare la propria Ipo sul suo stesso mercato per problemi tecnici. Greifeld si è adesso impegnato a ridisegnare i sistemi del Nasdaq perché quanto accaduto non si ripeta. Troppo tardi per Facebook.

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