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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 07:12.

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Mariano Rajoy da solo contro i mercati. Contro la paura che si diffonde, già all'apertura delle contrattazioni, sulle banche, su Bankia, la cassa appena nazionalizzata con un piano da 23,5 miliardi di euro ma ancora assetata di risorse pubbliche fresche. Da solo, il premier spagnolo, chiede aiuto all'Unione europea e, di nuovo alla Banca centrale europea, perché sostengano un Paese in crisi di liquidità e di credibilità come segnalano i rendimenti sui titoli decennali del debito, ieri saliti sopra il 6,5%, ai massimi dall'introduzione della moneta unica, con lo spread a 511 punti base.

«Bankia è un caso a sé, non ha nulla a che vedere con la tenuta del Paese e con l'allargarsi dello spread nei confronti della Germania», ha detto Rajoy ieri pomeriggio in una conferenza stampa convocata in tutta fretta per tentare di calmare gli investitori, quando già il titolo della quarta banca del Paese perdeva in Borsa quasi il 30 per cento del suo valore. «Siamo stati obbligati a intervenire su Bankia, l'alternativa era il fallimento e - ha aggiunto Rajoy - non possiamo permettere che le banche falliscano perché farebbero cadere anche il Paese. Stiamo definendo i dettagli del sostegno che daremo ma posso assicurare che l'intervento del Governo non avrà ripercussioni sul deficit del bilancio pubblico» e quindi sugli obiettivi di risanamento concordati con Bruxelles: Madrid si è impegnata a ridurre dall'8,9% al 5,3% il disavanzo entro la fine dell'anno.

Su Bankia - i dati di bilancio rivisti indicano una perdita del gruppo nel 2011 pari a sette miliardi di euro - il Governo spagnolo sta valutando, come alternativa al rafforzamento del capitale tramite l'iniezione di contante, il conferimento di titoli di Stato o bond emessi dal Frob, il Fondo di ristrutturazione ordinaria bancaria: un'operazione che non avrebbe, almeno nell'immediato, impatto sul risultato di bilancio statale. Comunque si decida saranno necessari altri capitali pubblici: gli analisti sono concordi su questo e si aspettano che il titolo di Bankia, che ieri ha chiuso a 1,36 euro (in calo del 13,38%), scenda ancora: per Deutsche Bank fino a 0,50, per Nomura anche fino a 0,30 euro. A rovinare Bankia come tutto il sistema finanziario spagnolo è stato il crollo del settore immobiliare dopo dieci anni di bolla speculativa: i prezzi dei terreni e delle costruzioni si sono quasi dimezzati e le banche che avevano accumulato un'esposizione sul mattone superiore a 320 miliardi di euro, circa un terzo del Pil nazionale, si sono ritrovate in bilancio asset dubbi per oltre 180 miliardi di euro, stando alle stime ufficiali. Molti di più secondo altre analisi: per l'Institute of international finance, le perdite delle banche spagnole fra il 2012 e il 2013 potrebbero raggiungere i 260 miliardi di euro.

Il leader conservatore assicura che «non ci sarà alcun salvataggio delle banche spagnole da parte dell'Unione europea» ma ammette di essere «molto favorevole» alla possibilità che il prossimo Esm, il fondo di salvataggio europeo, possa fornire aiuti «direttamente alle entità finanziarie» e non solo agli Stati. Una posizione questa sulla quale Rajoy aveva insistito anche negli incontri riservati dell'ultimo Eurogruppo a Bruxelles, trovando appoggio nel nuovo presidente francese, Francois Hollande. La Spagna chiede «all'Unione una risposta chiara a difesa dell'euro» e ribadisce la necessità che la Bce «sostenga il debito dei Paese membri»: «Con uno spread di 500 punti base è molto difficile riuscire a finanziarsi. Dobbiamo risolvere il problema del rifinanziamento e della sostenibilità del debito dei Paesi che, con le riforme e i sacrifici, dimostrano di comportarsi come si deve».

Ma già si rincorrono le voci sugli istituti che dopo Bankia avranno bisogno di capitali pubblici: CatalunyaCaixa, NovacaixaGalicia e Banco de Valencia avrebbero bisogno urgente, secondo le indiscrezioni, di almeno 30 miliardi di euro per restare a galla.

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