Più che riformata, ribaltata. La sentenza di primo grado al processo sulla scalata alla Banca nazionale del lavoro è stata letteralmente scardinata dalla seconda sezione della Corte d'appello di Milano presieduta da Flavio Lapertosa con un verdetto che ha mantenuto ferma la condanna di due soli imputati: Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti. Per tutti gli altri l'assoluzione è stata completa e piena con il riconoscimento dell'insussistenza del reato di aggiotaggio contestato a tutti gli imputati.

Bocciate dunque le richieste del sostituto procuratore generale Felice Isnardi che aveva richiesto la conferma integrale delle condanne emesse dalla prima sezione penale del tribunale milanese presieduta da Giovanna Ichino.

Assolti dunque Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia (in prima istanza era stato condannato a tre anni e sei mesi), l'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone (in origine condannato a tre anni e sei mesi), il parlamentare dell'Udc Vito Bonsignore (tre anni e sei mei) Danilo Coppola, Giuseppe Statuto e Stefano Ricucci (tre anni e sei mesi ciascuno) e ancora il banchiere Guido Leoni (Banca popolare dell'Emilia).

Prosciolto per intero il terzetto dei bresciani che parteciparono all'operazione: Emilio Gnutti (di cui tuttavia anche i pm Luigi Orsi e Gaetano Ruta chiesero l'assoluzione nella requisitoria del primo processo) e i fratelli Tiberio ed Ettore Lonati.

Restano i due condannati Giovanni Consorte e Ivano Saccheti, per il reato di insider trading e ostacolo alle funzioni di vigilanza: in primo grado avevano subito una condanna, rispettivamente, a tre anni e dieci mesi e a tre anni e sette mesi. I giudici di appello hano ridotto la pena a un anno e sette mesi per Consorte e a un anno e sei mesi per Sacchetti.

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