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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2012 alle ore 16:22.

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Nulla è cambiato dopo Lehman BrothersNulla è cambiato dopo Lehman Brothers

La vicenda delle maxi-perdite di 9 miliardi di JP Morgan sui derivati dimostra che poco o nulla è cambiato nel mondo della finanza-casinò dopo la bancarotta di Lehman Brothers, avvenuta il 15 settembre 2008. Cinque anni fa.

Nel frattempo la crisi ha varcato l'Atlantico. Ha aggredito la Grecia (20 novembre 2009), l'Irlanda, il Portogallo, e di riflesso tutta l'Europa, l'Italia la Spagna con le banche indebitate e da ultimo Cipro. Come è possibile tutto ciò? Che cosa hanno fatto i leader politici?

Il presidente democratico Barack Obama ha introdotto regole severe come la Dodd-Frank sui servizi finanziari per mettere in salvo i risparmi e salvaguardare le banche, ma con scarso successo. La crisi finanziaria cominciata con il presidente Ronald Reagan e il mito del sistema che si autoregola non ha avuto ancora una difesa credibile, una nuova Bretton Woods che diventi argine a queste mini-crisi ricorrenti che si ripara sempre nel "Too big to fail", troppo grandi per poter fallire senza creare rischi sistemici.

Il grande errore di Reagan fu quello di credere in modo assoluto nella capacità del mercato di autoregolarsi e di portare alla Federal Reserve nel 1987, al posto di un Paul Volcker (quello della Volcker-Rule rimasta ancora nel cassetto) contrario alla deregulation, Alan Greenspan, il "maestro" legato a teorie sulla «irrazionale esuberanza dei mercati», che poi si sono rivelate sbagliate.

Come se non bastasse nel 1999 finì in archivio la legge bancaria del New Deal di Roosevelt (la Glass-Steagal recepita in Italia negli anni 30), che Paul Volcker, da consigliere economico di Obama, ha voluto reintrodurre, senza riuscirci. La regola cioè che consentì negli anni Trenta di separare i capitali delle banche al dettaglio da quelle di investimento e bloccare il cosidetto Property trading, vale a dire il trading per conto della banca stessa che quindi usa fondi propri per fare scommesse sui derivati, tutti elementi per di più non pesano nelle nuove regole di Basilea III rispetto ai tradizionali impieghi che invece costringono a mettere le banche più fondi a riserva.

Nel 2000, cioè appena dodici anni fa, fu dato il via libera alla bomba dei derivati, in base al principio che le banche sarebbero state in grado di maneggiare sofisticati strumenti finanziari senza controlli, operazioni fatte spesso over the counter (fuori dalla Borsa) e senza passare da piattoforme controllate. Un'area oscura e opaca che pesa sul rischio sistemico, ma produce guadagni molto rilevanti a cui è difficile rinunciare. I derivati si sono dimostrati elementi di leva che possono far fare enormi guadagni e nello stesso tempo enormi perdite.

Oggi viviamo ancora all'ombra della turbolenza nata nel biennio 2007-2008 mentre gli Stati Uniti poco hanno fatto e l'Europa meno ancora per porre un freno alla finanza-casinò che sta sconquassando paesi occidentali relegandoli a candidati per il ritorno al Terzo mondo. Con gli stati sovrani che soccombono sotto le puntate della finanza speculativa. Continuiamo in questo modo a vivere l'emergenza senza essere in grado di riportare ordine al sistema che ha perso la razionalità di Bretton Woods senza saperlo però sostituire con un nuovo ordine.

C'è da aggiungere che dal 2009 anche l'euro e il debito sovrano dei paesi di Eurolandia sono entrati in crisi. Molti paesi hanno visto rapidamente scendere i costi di finanziamento del debito sovrano e si sono lanciati in folli corse al credito concesso con generosità (Grecia), o, come ricordato dal professore tedesco Hans-Werner Sinn, presidente dell'Ifo, non hanno colto l'occasione di costi bassi per consolidare il risanamento di passate stagioni da cicale (Italia) ma hanno continuato a sperperare denaro. Tutti costi che oggi spingono in recessione molte delle economie europee. Anche la Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, non ha avuto il via libera al precedente vertice di Bruxelles, a causa della forte opposizione di Londra e della sua City. In attesa della prossima mega-perdita.

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