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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2012 alle ore 12:38.

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Via libera dell'assemblea dell'Eni all'annullamento del 9,2% di azioni proprie e all'avvio del programma di buyback fino a un massimo del 10% del capitale sociale per un ammontare complessivo di 6 miliardi. L'operazione di annullamento consentirà a Cassa Depositi e Prestiti e al ministero dell'Economia di salire nel capitale di Eni fino al 33,4% con la conseguente cessione della quota eccedente.

Un passaggio, quest'ultimo, fondamentale nell'ambito dello scorporo della spa dei gasdotti da Eni: per la cessione del 30% meno un'azione del capitale votante di Snam, la Cdp dovrà garantire all'Eni 3,5 miliardi di euro (corrispondenti a 3,47 euro per azione) e di questi 2 miliardi arriveranno proprio dalla cessione della quota eccedente dopo l'annullamento di azioni proprie Eni.

Nel corso dell'assemblea, l'ad del Cane a sei zampe è tornato sullo scorporo di Snam per ribadire che la cessione non indebolirà il colosso energetico. Dopo la creazione di Snam – la cui cessione è stata «dolorosa», ha ribadito Scaroni - e il Dpcm del governo Monti la «nostra priorità è stata far sì che questa cessione dolorosa avvenisse con tre condizioni: che i nostri azionisti fossero protetti, che anche gli azionisti di Snam fossero protetti e, cosa più importante, che l'Eni uscisse da questa cessione più forte e non più debole di prima – continua l'ad -. Mi sembra che questi obiettivi li abbiamo raggiunti. Quello che è rilevante è che Eni uscirà finanziariamente più solida», dallo scorporo.

Scaroni ha ricordato le cifre dell'operazione. «Tra deconsolidamento del debito di Snam (11,2 miliardi di euro, ndr) e incasso derivante dalla cessione di azioni, noi contiamo di portare a casa 17-18 miliardi di euro e, considerando che abbiamo un indebitamento pari a 28 miliardi di euro, questo ci consentirà di portare l'indebitamento a un livello molto basso in linea con i nostri concorrenti». Il risultato finale, prosegue Scaroni, è che «andiamo verso un'Eni finanziariamente molto più solida e visto il momento che stiamo vivendo uno stato patrimoniale solido e un livello di debito basso lo considero un elemento di tranquillità».

Quanto al programma di buyback, cioè il riacquisto di azioni proprie, l'ad ha chiarito che si tratta di un tassello tipico «del settore oil. Tutte le major petrolifere lo fanno – spiega nella conferenza stampa dopo l'assemblea -. La logica è tengo il dividendo più o meno fisso e quando il prezzo del petrolio sale e ho un extraprofitto, invece di aumentare il dividendo, acquisto azioni proprie». «Oggi con uno stato patrimoniale più forte ci dotiamo di uno strumento di flessibilità in più, cioè del riacquisto di azioni proprie quando le condizioni lo permetteranno. Ci dotiamo di uno strumento di flessibilità per la nostra politica del dividendo e la flessibilità di cassa». Parlando del vecchio piano l'amministratore delegato aveva chiarito che Eni ha comprato «azioni proprie per 6,791 miliardi di euro (17,495 euro per azione) e risparmiato dividendi per 2,4 mld». «Questo vuol dire - ha aggiunto - che è come se avessimo pagato le azioni intorno agli 11 euro».

Il numero uno del Cane a sei zampe ha anche parlato, sollecitato dai cronisti, delle manifestazioni di interesse per la quota Snam (oltre il 25%) che Eni dovrà collocare sul mercato dopo il trasferimento a Cdp del 30% meno un'azione di Snam. «È vero ci sono pretendenti di due tipi: il pretendente che vuole comprare azioni Snam e quello che vuole comprare azioni Snam ma vuole un po' di governance. Questo secondo gruppo lo mandiamo a Cdp, con il primo gruppo, invece, ci trattiamo, ci ragioniamo». E, chiarisce ancora l'ad, «di certo non ci ha aiutato l'ipotetico blocco delle tariffe poi smentito, così gli investitori si raffreddano». Nelle scorse settimane si era diffusa la voce di un interesse dei fondi sovrani arabi e qatarioti. Scaroni non fa nomi ma conferma che ci sono «fondi sovrani e anche fondi specializzati in infrastrutture. Ci sono grandi fondi specializzati in infrastrutture che si sono dotati di capacità tecniche e gestionali e la vogliono utilizzare. Ma questo tema riguarda la Cassa che farà come vuole».

Scaroni ha infine precisato anche la tabella di marcia per Southstream. «Noi abbiamo confermato - ha detto l'ad - nel senso che tutti i soci lo vogliono fare. Poi abbiamo la final investment decision che è un punto di non ritorno e per arrivare lì, e pensiamo di arrivarci tra la fine di quest'anno e l'inizio dell'anno prossimo, abbiamo bisogno che la parte tecnica sia a posto, la parte economica sia a posto, la parte autorizzativa sia a posto, e la parte finanziaria sia a posto. In questo momento stiamo lavorando su questi quattro temi per arrivare a una final investment decision alla fine di quest'anno, all'inizio dell'anno prossimo. Quello che è certo è che la volontà dei 4 soci di andare avanti c'è». Nell'operazione sono coinvolti, oltre all'Eni, i russi di Gazprom, i francesi di Edf e i tedeschi di Wintershall (gruppo Basf).

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