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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2012 alle ore 09:34.

Dopo il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, ieri anche la Francia e la Germania si sono dette pronte a fare tutto il possibile per salvare la zona euro. Un comunicato pubblicato a Parigi non ha chiarito tuttavia i come e i quando. La settimana si è conclusa in un vortice di voci, nessuna delle quali realmente confermata o smentita. Per ora comunque un eventuale intervento della Bce sui mercati non è stato criticato da Berlino.
«La Francia e la Germania sono fondamentalmente impegnati nel difendere l'integrità della zona euro. Sono determinate a fare tutto il possibile per proteggerla», si legge nel comunicato pubblicato ieri nel primo pomeriggio dopo una conversazione telefonica tra il presidente francese François Hollande e il cancelliere tedesco Angela Merkel. «Gli Stati membri, così come le istituzioni europee, ciascuno secondo le proprie prerogative, devono rispettare i propri obblighi a questo fine».
Il comunicato, di quattro frasi e tre paragrafi, si conclude con l'impegno di mettere in pratica «rapidamente» le conclusioni del consiglio europeo del 28-29 giugno. La dichiazione franco-tedesca ha contribuito ieri a rassicurare il mercato, anche se nella pratica non ha offerto nuove indicazioni concrete. Mettendo l'accento sul ruolo delle istituzioni europee nel risolvere la crisi, Parigi e Berlino si riferiscono ai fondi finanziari Efsf ed Esm, ma probabilmente anche alla Bce.
Giovedì a Londra, Draghi aveva assicurato che l'istituto monetario sarebbe intervenuto per evitare un tracollo della zona euro «nell'ambito del suo mandato». Da allora, economisti e diplomatici si interrogano su cosa potrebbe fare la Bce. L'ipotesi citata più di frequente è quella di acquisti di obbligazioni pubbliche, ma la questione è controversa ed è stata criticata ieri dalla Bundesbank. Un'altra possibilità è che la banca acquisti debito privato. Questa idea, meno controversa, aiuterebbe a risolvere il «fallimento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria», come ha detto il governatore francese Christian Noyer, notando che i tassi di mercato sono legati più ai rendimenti sovrani che al tasso di riferimento della Bce. «La banca non vuole intervenire da sola. Vuole che lo facciano in primis i fondi Efsf o Esm o comunque che ci siano chiare condizioni», spiega un diplomatico.
Le Monde ieri parlava di una sequenza di questi tipo: intervento dell'Efsf sul mercato primario e della Bce sul mercato secondario. Il problema tra le altre cose è che il Paese che più ne avrebbe bisogno - la Spagna - si è rifiutato finora di chiedere il sostegno europeo. Secondo fonti di stampa il Governo Rajoy avrebbe parlato nelle scorse settimane con Berlino di un piano di aiuti da 300 miliardi di euro, ma senza giungere a una conclusione definitiva.
Un aspetto interessante di ieri è come il Governo tedesco abbia preferito non associarsi alla Bundesbank nel criticare eventuali acquisti di titoli pubblici sul mercato. Oltre alla presa di posizione Hollande-Merkel, è da segnalare il comunicato del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble che «ha accolto positivamente» la presa di posizione di Draghi a Londra giovedì, pur ricordando l'importanza di risanare le economie dei Paesi più fragili. Schäuble vedrà lunedì a Sylt, sempre in Germania, il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner, che a sua volta incontrerà successivamente a Francoforte Draghi.
Le voci sui diversi modi per affrontare l'acuirsi della crisi debitoria si sono susseguite negli ultimi giorni, a conferma del nervosismo dei mercati e delle incertezze della politica. Non era ancora chiaro ieri, in una Bruxelles ormai svuotata per la pausa estiva, come le istituzioni e i Governi della zona euro intendano agire. C'è chi teme che la Bce abbia creato aspettative che potrebbe non riuscire a realizzare pienamente.
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