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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2012 alle ore 08:08.

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Nella foto l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel (Imagoeconomica)Nella foto l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel (Imagoeconomica)

L'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, è indagato dalla procura di Milano per ostacolo alle autorità di vigilanza, in concorso con Salvatore Ligresti, in relazione al presunto patto occulto che avrebbe garantito una buonuscita milionaria all'ingegnere di Paternò in cambio del suo assenso all'aumento di capitale Premafin e all'operazione Unipol-Fonsai. Ligresti è stato iscritto nel registro degli indagati nel luglio dello scorso anno con le ipotesi di reato di aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza sulla base di una denuncia della Consob che ha innescato l'indagine giudiziaria. Il 19 luglio, poi, è stato interrogato per diverse ore dal sostituto procuratore Luigi Orsi, titolare dell'inchiesta.
Nagel, 47 anni, dal 2008 numero uno di piazzetta Cuccia, ha ricevuto nei giorni scorsi dalla procura un avviso di garanzia con un invito a comparire ed è stato sentito ieri dal pm Orsi in una caserma della Guardia di Finanza di Milano, alla presenza del suo legale, l'avvocato Mario Zanchetti. Un lungo interrogatorio protrattosi fino a tarda sera.

A innescare la svolta dell'inchiesta che la procura di Milano sta conducendo a 360 gradi sulle attività della famiglia Ligresti è stata la scoperta del presunto accordo sottoscritto lo scorso 17 maggio da Nagel e dall'ingegnere di Paternò. Accordo la cui esistenza è sempre stata smentita da Mediobanca.
Una fotocopia del presunto patto, scritto a mano da Jonella Ligresti, era stato consegnato dalla figlia del finanziere siciliano al pm Orsi. L'esistenza dell'accordo era stata poi confermata direttamente da Salvatore Ligresti durante il suo interrogatorio e l'originale era stato successivamente acquisito dalla procura con un sequestro. Ma dov'era il foglietto con le firme di Nagel e Ligresti? Era custodito nella cassaforte dell'avvocato Cristina Rossello, erede dello studio di Alberto Mignoli (storico presidente del patto di sindacato di Mediobanca ai tempi di Enrico Cuccia) e attualmente segretario dell'accordo che lega gli azionisti di maggioranza di piazzetta Cuccia, un patto che vede ancora oggi Salvatore Ligresti tra i suoi componenti.

Si è consumata attorno a questo presunto patto occulto la svolta dell'inchiesta partita un anno fa dalla denuncia della Consob sulle manipolazioni di mercato del titolo Premafin. Già, perchè le indagini ora puntano dritto anche verso l'operazione Unipol-Fonsai, per appurare se siano stati taciuti accordi che avrebbero dovuto essere, invece, comunicati al mercato. Un aspetto di non poco conto, quest'ultimo, dal momento che una delle condizioni della Consob per il via libera alla fusione era che alla famiglia Ligresti non fossero concesse "buonuscite" di nessun tipo.
Attorno al presunto patto c'è però un giallo la cui soluzione è decisiva per la procura ma anche per lo status di indagato dello stesso Nagel. Il punto, cioé, è se si sia trattato di un vero accordo o soltanto di richieste della famiglia Ligresti. Dopo sei ore di interrogatorio, Nagel ha affermato in una nota di non aver firmato il documento ma di averlo soltanto siglato «esclusivamente per presa di conoscenza», su richiesta di Jonella Ligresti.

La circostanza che l'originale sia stato conservato nella cassaforte di Cristina Rossello sembrerebbe però avvalorare l'ipotesi dell'accordo, proprio per il ruolo svolto dall'avvocato nel patto di sindacato di Mediobanca, e quindi di possibile "garante" del patto occulto. Ma saranno le indagini a dire qual è la verità.
Nel frattempo la procura continua a indagare anche sugli altri filoni dell'inchiesta su Ligresti. C'è innanzitutto il fronte del fallimento di Imco e di Sinergia, le holding non quotate della famiglia del costruttore. Ma c'è poi anche il dossier originario dell'inchiesta, quello dei trust esteri gestiti dal fiduciario Giancarlo De Filippo (anch'egli indagato) che – stando a un corposo rapporto della Consob – avrebbe manipolato il mercato per sostenere i titoli Premafin: un deprezzamento delle azioni avrebbe infatti costretto la famiglia Ligresti a integrare i titoli della holding dati in pegno alle banche a fronte dei prestiti ricevuti. Gli investigatori della Guardia di Finanza stanno lavorando sul ginepraio di società, trust e fondazioni sparse nei più svariati paradisi fiscali del mondo per ricostruire la mappa della nebulosa estera dei Ligresti e per appurare se ci siano stati, negli anni, flussi di denaro convogliati verso i lidi offshore. Un lavoro lungo e difficile.

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