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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 08:17.

La crisi dell'eurozona sta incidendo, e non poco, sul portafoglio degli italiani. Ma non è uguale per tutti. C'è anche chi ha ricavato dalle turbolenze dell'eurozona le sue piccole grandi soddisfazioni.
Come ha sottolineato Marco Liera in un articolo recentemente uscito sul Sole, chi ha per esempio in portafoglio titoli di Stato a medio-lungo termine di emissione recente ha spuntato tassi di tutto rispetto.

Sul podio, in particolare, ci sono i BTp legati all'inflazione europea e italiana, penalizzati dopo il declassamento di Moody's (che ha fatto scattare le vendite degli investitori istituzionali legati a benchmark internazionali). Il titolo 2026 ha per esempio un rendimento netto annuo che supera il 7% (al quale va ovviamente "scorporata" la parte relativa all'inflazione, che si aggira secondo gli ultimi rilevamenti Istat sui tre punti percentuali). E a fine luglio il decennale è tornato, dopo mesi, a pagare il 6,3%.

Bene anche gli strumenti finanziari non quotati a tasso garantito: conti deposito, buoni postali e anche polizze Vita rivalutabili. Sul fronte dei conti deposito le offerte restano allettanti, anche se molti istituti hanno ritoccato in basso le offerte nelle ultime settimane sulla scia del taglio dei tassi Bce. Non va poi dimenticato che rendimenti verranno rosicchiati anche dall'arrivo del "superbollo" sui depositi (0,1% quest'anno e 0,15% dal prossimo). In ogni caso, sui conti vincolati a 12 mesi si riesce ancora a portare a casa il 3,6% netto.

Le brutte notizie arrivano dal mattone. Intanto perché il valore degli immobili sta scendendo, pur senza i crolli spagnoli o irlandesi. Secondo i più recenti dati dell'osservatorio Nomisma, nel primo semestre dell'anno i prezzi sono scesi in media del 2% per le abitazioni usate e dell'1,8% per il nuovo. Su base annua, il campione di 13 grandi città preso in considerazione da Nomisma ha registrato un calo medio del 3,5 per cento. E in futuro i prezzi scenderanno ancora lentamente, a -2,4% nel 2013 e -1,7% nel 2014. Tre i fattori cruciali in questo stop: le diminuite disponibilità economiche delle famiglie, la stretta creditizia delle banche nell'erogazione dei mutui, le aspettative di ulteriori ribassi delle quotazioni che spingono a rimandare al futuro le decisioni di acquisto.

E i mutui? Sono affetti dal mal di spread (il margine che le banche applicano e che comprende oltre agli utili anche i costi di copertura dal rischio raccolta). Gli spread mediamente applicati dalle banche su un mutuo standard (150mila euro da rimborsare in 25 anni) sono superiori al 3%, il doppio rispetto a un anno fa, quando la crisi dei debiti sovrani non era ancora dilagata.

Ma stessa crisi che ha fatto impennare gli spread ha drasticamente abbattuto gli indici europei (Euribor per i mutui a tasso variabile) che, sommati allo spread, danno il tasso di interesse finale. Creando un altro fenomeno curioso: chi sta pagando mutui casa a tasso variabile stipulati negli anni precrisi, quando gli spread applicati dalle banche erano molto più contenuti di adesso, risparmia sulle rate.

Morale: nel paradosso dell'eurocrisi ci sono famiglie "fortunate" che stanno pagando le rate di un mutuo a tasso variabile "precrisi" con spread inferiori all'1% e hanno investito i risparmi solo in conti di deposito, Bot, buoni postali e polizze Vita rivalutabili. E famiglie "sfortunate" che negli anni passati hanno investito sull'azionario (magari sovrappesando i titoli bancari) e ora devono accendere un mutuo. Con spread spaziali.

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