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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 18:52.

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La crisi economica, il prezzo delle materie prime, alcuni incidenti ed eventi eccezionali: sono queste le ragioni che, da mesi, WindJet adduce per spiegare le sue difficoltà; difficoltà che, dopo il fallimento della trattativa con Alitalia, l'hanno portata a rimanere a terra. Dal bilancio 2010 consultato da Radiocor - quello 2011 ancora non è disponibile - emerge che l'azionista, Antonino Pulvirenti aveva venduto nel 2009 per 10 milioni alla compagnia area il marchio WindJet detenuto attraverso la Meridi, società attiva nel settore dei supermercati a sua volta azionista con il 37,5% del vettore aereo (il resto fa capo alla holding dello stesso Pulvirenti, Finaria).

In precedenza venivano pagati 700 mila euro di royalties all'anno. WindJet, dall'anno della sua fondazione nel 2003 e fino al 2009, aveva chiuso tre bilanci in utile (sempre sotto il milione di euro) e quattro in rosso (per cifre mai superiori al milione e mezzo). Dal 2009, poi, il peggioramento dovuto alla crisi internazionale, ma anche a quell'operazione di cessione del marchio segnalata peraltro dai revisori del bilancio 2010. WindJet non era in condizione di spesare quell'ulteriore costo tanto che Meridi apposta 387mila euro a bilancio 2010 per «dilazione» di crediti verso WindJet e 114mila euro di interessi attivi «su dilazione Wind Jet».

Nel 2011, poi, WindJet avrebbe dovuto pagare alla Meridi di Pulvirenti una tranche per l'acquisto del marchio da 2,4 milioni a cui si sarebbero dovuti aggiungere altri 800mila euro circa per debiti verso varie società della galassia del presidente del Catania Calcio. Nei successivi anni, WindJet avrebbe poi dovuto estinguere il suo debito versando ulteriori 9 milioni di euro. Nel 2011, WindJet, secondo quanto riferito dalla stessa società, ha chiuso con una perdita attorno ai 10 milioni di euro (dai 3,1 milioni del 2010).

In totale i debiti di WindJet a fine 2010 si attestavano a 134,8 milioni (da 106,9 milioni nel 2009) di cui 28,2 milioni con le banche e 68,3 milioni con i fornitori. Pulvirenti non era rimasto a guardare, ma aveva immesso risorse per 11,5 milioni attraverso finanziamenti infruttiferi, tuttavia, i revisori segnalavano già a fine 2010 che la recuperabilità dei costi e il contenimento dell'indebitamento «sono legati alla concreta possibilità che la società produca utili futuri e in misura tale da poter assorbire i conseguenti ammortamenti, il cui effetto negativo sui risultati della gestione annuale é significativo». (Radiocor)

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