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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2012 alle ore 12:15.

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Dopo qualche mese di tregua è riscoppiata «la guerra delle valute». Parola di Guido Mantega, ministro delle Finanze brasiliano che vanta il copyright di questa espressione, da lui coniata da quando gli Stati Uniti, dopo il fallimento Lehman Brothers e la crisi dei derivati subprime hanno varato, dalla primavera del 2009, manovre di quantitative easing (allentamento monetario) attraverso l'acquisto di titoli (stampando moneta) da parte della Federal Reserve.

Mantega è tornato all'attacco nelle ultime ore, proprio dopo che la Banca centrale guidata da Ben Bernanke ha varato la terza ondata di allentamento monetario (in tre anni) annunciando l'acquisto di bond agganciati al mercato immobiliare, al ritmo di 40 miliardi di dollari al mese, finché la «crescita non sarà migliorata a sufficienza».

Il battito di ali della Fed datato 13 settembre - seguito allo scudo anti-spread annunciato dalla Banca centrale europea (6 settembre) che ha promesso acquisti illimitati di bond da 1 a 3 anni dei Paesi che fanno esplicita richiesta di aiuto sottoponendosi però a un rigido controllo di bilancio da parte dell'Unione europea - ha avuto un immediato effetto sulle strategie delle altre banche centrali.

Lunedì mattina la Boj (Bank of Japan) ha risposto alla Fed con un altro quantitative easing (ha deciso di incrementare il programma di acquisto di titoli di Stato di 10mila miliardi di yen, ovvero 98 miliardi di euro). Un altro fiume di liquidità: nuova moneta appositamente stampata per provare a indebolire lo yen, i cui continui apprezzamenti minacciano la principale forza dell'economia nipponica: le esportazioni. Per questo motivo in molti si attendono una risposta analoga anche da parte della Bank of England. E per lo stesso motivo c'è stato anche un effetto farfalla sui Paesi emergenti. Lunedì il governo del Perù ha annunciato una nuova strategia per indebolire il sol; martedì (con lo stesso obiettivo sulla lira) la Banca della Turchia ha tagliato i tassi di interese oltre le attese. Anche la Banca centrale cinese (Pboc) si è assunta dei rischi rilevanti nel tagliare i tassi di interesse a giugno e ad agosto, con il governo che è intervenuto anche con misure sulle infrastrutture.

Serviva davvero questa nuova ondata di liquidità?
«Le massicce iniezioni di liquidità delle ultime settimane (Fed e BoJ) e i tagli ai tassi d'interesse operati da diverse Banche centrali mondiali sembrano lasciar pensare che è in atto una vera e propria partita a scacchi che potrebbe avere effetti deleteri per il ribilanciamento dell'economia globale. Le critiche all'interno della Fed lasciate trasparire da qualche esponente questa settimana ne sono una conferma - spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig markets -. La domanda da porsi per capire se effettivamente è in atto una guerra è: gli Stati Uniti avevano veramente bisogno di un nuovo quantitative easing (qe, ndr) ora? A nostro avviso considerando lo scenario macro globale la Fed ha agito con troppo anticipo, spinta da pressioni politiche in vista della tornata elettorale. Le conseguenze potrebbero essere disastrose, soprattutto se le pressioni inflative dovessero incrementare».

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