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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 12:45.

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Chi pensa che quella iraniana sia un'economia in difficoltà, complici le sanzioni imposte al Paese da Stati Uniti ed Europa, dovrebbe ricredersi. Almeno da quel che risulta dall'andamento della Borsa di Tehran, tra le più importanti del Medio Oriente con 339 titoli quotati e una capitalizzazione di oltre 100 miliardi di dollari. L'indice Tepix Tehran Stock Exchange ha chiuso ieri le contrattazioni a 31.331,6 punti segnando il massimo storico dei suoi 45 anni di storia.

In tre mesi - mentre nel frattempo l'Unione europea ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni, inasprendo quelle approvate in estate - la Borsa ha guadagnato il 30%. Negli ultimi 5 anni ha messo a segno una progressione del 210% mentre, nello stesso arco temporale, Wall Street ha perso il 5% e Piazza Affari è crollata del 61%. Come mai?

Le sanzioni dell'Occidente
Per capirlo dobbiamo esaminare le sanzioni che prima Stati Uniti e Onu e poi l'Unione europea hanno deciso di applicare nei confonti della Repubblica Islamica di Iran a causa delle intenzioni del presidente Mahmoud Ahmadinejad di proseguire nel programma nucleare. Si tratta di misure che puntano a colpire in particolare il settore energetico attraverso l'embargo sull'import di greggio da Tehran e il blocco della fornitura di tecnologia per l'estrazione di gas e petrolio. Dal 15 ottobre, inoltre, l'Unione europea ha approvato un ulteriore pacchetto di sanzioni contro l'Iran che riguarda, fra i vari punti, lo scambio delle merci imponendo il divieto a tutti i trasferimenti tra banche europee e società iraniane e il blocco degli asset di 34 aziende legate al regime.

C'è poi chi ipotizza che le tensioni tra Iran e Occidente sul nucleare potrebbero sfociare anche in un conflitto bellico. In più occasioni, infatti, la vicina Israele ha minacciato un attacco. Scenario che è una delle spade di Damocle che incombono suil'attuale trend rialzista del mercato azionario.

Eppure la Borsa corre
Nonostante questo la Borsa di Tehran, come visto, sta correndo su soglie inesplorate. Perché le sanzioni stanno alimentando per alcune aziende un effetto paradossalmente virtuoso. Stanno beneficiando in particolare le società statali specializzate nella fornitura di prodotti e servizi destinati ai consumi interni. Aziende come Mobarakeh Steel Co., che produce acciaio da un minerale estratto nel centro dell'Iran e e Bandar Abbas Oil Refining Co, che trasforma il greggio dell'Iran in carburante per gli automobilisti di Tehran, sono tra quelle che stanno trainando l'intero listino al rialzo. La prima ha guadagnato il 23% negli ultimi nove mesi mentre la seconda ha triplicato il valore da giugno, quando è sbarcata sul mercato azionario.

Seconodo Hossein Ebneyouself, presidente di una società che fornisce consulenza a società petrolifere interpellato dal Wall Street Journal, «le sanzioni stanno limitando le esportazioni di merci e servizi ma stanno anche creando opportunità di crescita in più per le imprese locali».

E poi c'è l'effetto rial, la valuta locale che da settembre ha perso circa il 25% nei confronti del dollaro. È vero che questa svalutazione repentina sta rendendo insostenibili le importazioni ma sta allo stesso tempo alimentando la domanda per prodotti e servizi domestici. Quindi, paradossalmente, le sanzioni stanno stimolando domanda e consumi interni di un Paese che nel 2008 ha inaugurato una Borsa del petrolio nella fiorente isola di Kish (che ogni anno attira migliaia di turisti) dove è possibile scambiare derivati del greggio in euro.

La minaccia dell'inflazione
Ma non sono tutte rose e fiori. L'accelerazione della Borsa non rispecchia integralmente quello che sta succedendo all'economia reale. La disoccupaizone viaggia intorno al 15% ma il vero tallone d'Achille è l'nflazione galoppante che, dopo la recente violenta svalutazione del rial, ha superato il 25%. Percentuale, questa, da terzo mondo.

twitter.com/vitolops

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