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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2012 alle ore 23:03.

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Il "fiscal cliff" è un "problema risolvibile", ma senza un accordo il rischio di recessione negli Stati Uniti è dietro la porta. L'economia americana migliora, ma a passo modesto e la crisi europea continua a essere una mina vagante per una ripresa che fatica a trovare slancio. Ovvero, il mix di dichiarazioni arrivate da Barack Obama e dalla Federal Reserve hanno innescato un'ondata di vendite a Wall Street, limitata dal fatto che il presidente americano, in conferenza stampa, e la Banca centrale, con i verbali della riunione del 23-24 ottobre, si sono espressi solo nel finale di seduta.

Così, dopo i ribassi moderati della giornata, per i listini è stata un'altra pessima giornata: il Dow Jones ha perso quasi 200 punti, l'1,45%, a 12.570,95, il Nasdaq ha ceduto l'1,29% a 2.848,81 punti e lo S&P ha bruciato l'1,39% a 1.355,49. Obama ha risposto alle domande dei giornalisti per la prima volta dopo la rielezione (è stata la prima conferenza stampa in otto mesi) e come previsto ha spaziato dallo scandalo dell'ormai ex direttore della Cia David Petraeus all'attentato di Bengasi, in Libia, dell'11 settembre, passando per la situazione in Siria e in Iran, ma si anche concentrato sul rischio di precipizio fiscale. Una soluzione è possibile, ha detto, ma non ci vuole ostinazione ed entrambi i partiti devono essere disposti al compromesso.

Lui per primo ha teso la mano, - "non chiuderò la porta in faccia a nessuno, voglio sentire le idee di tutti", ha detto - ma poi si è mostrato categorico sulla questione più spinosa: "senza alzare le tasse per il 2% della popolazione che guadagna più di 250.000 dollari i conti non tornano", rivedere il codice fiscale e ridurre le deduzioni va bene, ma non basta. Insomma, al di là delle parole, Casa Bianca e repubblicani non potrebbero essere più distanti sulla questione dell'aumento degli introiti fiscali.

Proprio oggi, peraltro, si è saputo che il presidente si presenterà all'incontro di venerdì con i leader di Camera e Senato con una richiesta ben più ambiziosa di quella dell'estate 2001: all'epoca aveva chiesto ulteriori introiti per 800 miliardi di dollari, ora chiederà 1.600 miliardi.
Obama ha anche promesso che non farà marcia indietro come fece due anni fa, quando aveva promesso che non avrebbe ceduto sull'estensione dei tagli fiscali per i più ricchi, salvo poi piegarsi al compromesso.

"Due anni fa l'economia americana era in una situazione differente e sono state prese decisioni all'epoca giuste per sostenerla", ha detto, sottolineando che i risultati ci sono stati, l'economia sta recuperando e un compromesso di quel genere oggi non è più necessario. "Il Paese non si può permettere che le tasse aumentino per tutti", cosa che succederebbe in caso di precipizio fiscale insieme ai tagli automatici della spesa pubblica, "non dobbiamo tenere la classe media in ostaggio, mentre discutiamo sui tagli fiscali per i ricchi, il messaggio dell'elettorato è stato chiaro", ha detto il presidente.

Ce ne è stato dunque abbastanza per spaventare gli intermediari, che hanno rapidamente dimenticato alcune ottime performance tra i titoli. Quella di Facebook per esempio, che nel giorno in cui scadeva su circa 800 milioni di titoli il terzo lock-up, ovvero il limite prima del quale le azioni non potevano essere vendute, ha guadagnato il 12,59% a 22,36 dollari, ma comunque ancora ben lontano dai 38 dollari del collocamento dello scorso maggio. E' andata a gonfie vele anche Cisco Systems (+4,81%), dopo la convincente trimestrale diffusa ieri dopo la chiusura degli scambi. Nel primo trimestre fiscale Cisco ha visto salire l'utile del 18% e il fatturato del 5,5%.

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