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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 12:21.

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Il Giappone ha dichiarato guerra alla deflazione, ma sta anche preparando un conflitto di più vasta portata sui mercati valutari. Le manovre di stimolo all'economia sul fronte della politica monetaria e di quella di bilancio - ieri il premier Shinzo Abe ha presentato un maxi-pacchetto espansivo da 117 miliardi di dollari - hanno già avuto l'effetto auspicato dal Governo giapponese: far scendere lo yen ai minimi sia sull'euro che sul dollaro. La valuta nipponica era scambiata questa mattina a quota 89,50 sul dollaro e 1,1850 sull'euro: livelli così bassi non si vedevano da 18 mesi contro la moneta unica e da due anni e mezzo sul biglietto verde.

La vittima di questa guerra tra monete rischia però di essere l'euro, che infatti si sta rivalutando anche sul dollaro (a quota 1,3270). Se il Giappone è disposto a tutto pur di sconfiggere la deflazione e far ripartire un'economia anestetizzata da troppo tempo, gli Stati Uniti non stanno a guardare: alle politiche di stimolo fiscale approvate da Obama all'inizio della crisi hanno fatto seguito una serie di mosse aggressive da parte della Federal Reserve, che ha inondato il mercato di liquidità con tre piani di quantitative easing, l'ultimo dei quali annunciato nel settembre scorso.

Nell'Eurozona invece alcuni Governi sono impegnati da almeno due anni in drastici tagli alla spesa e aumenti delle tasse che hanno rimesso i conti in carreggiata ma anche depresso l'economia. La Bce dal canto suo ha sì varato misure eccezionali come i due finanziamenti triennali alle banche e il programma Omt di acquisto dei titoli Stato dei Paesi in difficoltà, senza però spingersi sul terreno del quantitative easing. Proprio nella riunione di ieri, il board guidato da Mario Draghi ha deciso di lasciare i tassi fermi allo 0,75% e ha allontanato l'ipotesi di nuovi tagli, contribuendo così a far salire la moneta unica.

La guerra delle valute, espressione coniata nel settembre 2010 dal ministro delle Finanze brasiliano Guido Mantega in riferimento alle politiche ultraespansive della Federal Reserve che facevano deprezzare il dollaro, è dunque di nuovo tra noi. Questa volta però accanto agli Stati Uniti è sceso in campo un altro peso massimo come il Giappone. Ieri Draghi ha ricordato l'impegno del G-20 a evitare le svalutazioni competitive, ma apparentemente a Tokyo non intendono rispettare i patti.

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