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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2013 alle ore 12:51.

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La Borsa è un posto per cuori forti. Soprattutto se si guardano le performance di breve periodo, quando i listini sono più vulnerabili agli umori e alle incertezze che arrivano dalla macroeconomia e dalla politica internazionale. Nel lungo periodo (in teoria) la volatilità tende a scendere e prevalgono gli aspetti fondamentali, tra cui in primis la capacità delle aziende quotate di generare utili e di remunerare gli azionisti (che in teoria comprano azioni perché credono nel progetto di business della società e desiderano pertanto partecipare agli utili) attraverso i dividendi.

Tuttavia, dal breve al medio al lungo periodo le motivazioni che possono spingere a un investimento in Borsa sono tra le più disparate: dal trader intraday che effettua centinaia di compravendite al giorno puntando su scostamenti di prezzo infinitesimali, al cassettista che dimentica il valore di Borsa e si concentra sui dividendi per riconsiderare il prezzo di Borsa solo dopo un periodo di almeno cinque anni. Dagli esteti dell'analisi tecnica ai puristi dell'analisi fondamentale.

Resta il fatto che sia nel breve che nel lungo periodo le sorprese non mancano. Si pensi al titolo Seat pagine gialle che nel 2000 quotava oltre 7 euro e che oggi scambia a 0,0015 euro. O si pensi al titolo Apple che nel 1980 valeva 1 dollaro e fino a poco tempo fa ne valeva più di 700, avendo così registrato una performance del 69.900%. Numeri da passare in consegna agli astronomi.

Proprio il titolo Apple ci insegna però un'altra importante regola di un investimento in Borsa. Con circa 90 miliardi di liquidità e un fatturato da fare invidia a qualsiasi governo dell'area euro la società di Cupertino è, ad oggi, sicuramente una delle più solide del pianeta. Tuttavia la stessa società ha bruciato dal 19 settembre il 35% del proprio valore di Borsa. Quindi, pur trattandosi di Apple e quindi di una compagnia estremamente solida, chi a settembre ne ha acquistato le azioni ha visto ridurre il valore della propria somma del 35%. Punto e a capo. Ovviamente, Apple non è l'unico e non sarà l'ultimo esempio di aziende brillanti soggette a forti escursioni in Borsa. Questo caso insegna, però, che prima di investire bisogna analizzare a fondo la valutazione che in un dato momento il mercato dà a un titolo, per provare a intercettare se le aspettative sugli utili futuri sono sostenibili. Bisogna avere quindi una strategia di investimento chiara e cogliere il timing adeguato.

Resta il fatto che la Borsa è, soprattutto nel breve periodo, un posto per cuori forti. Lo sanno i trader, dato che alcuni studi indicano che una cifra compresa tra l'80 e il 90% di chi fa trading (includendo professionisti ma anche i molti trader improvvisati) è in perdita.

E lo sanno bene coloro che nell'ultimo mese hanno investito in uno dei 40 titoli nella tabella correlata che evidenzia i 20 maggiori rialzi di Borsa e i 20 peggiori ribassi di gennaio.

Nella lista dei "buoni" c'è il titolo "Bnp Paribas Bank Polska" cresciuto del 113% (in valuta locale). Segue Netflix, senza dubbio la storia più interessante del Nasdaq delle ultime settimane, che ha più che raddoppiato il suo valore (+106%). Al terzo posto sul listino di Madrid Reyal Urbis (+104%). In classifica ci sono altri titoli del credito (Banco de Valencia, +85% e Central Coop. Bank, +64%) e anche titoli automobilistici come la nipponica Mazda (+62%).

E veniamo alla lista dei "cattivi", quelli che ci insegnano che i mercati finanziari possono essere dei posti molto difficili e spietati. Nell'ultimo mese il titolo "Mercata" (quotato nel listino di Lubiana) ha bruciato il 95% del valore che gli stessi mercati gli attribuivano appena quattro settimane prima. A Cipro, la Interlife Insurance ha perso il 78%. Attica Bank quotata ad Atene ha perso il 42%. E così via. La lista dei flop ad altissima volatilità potrebbe continuare a lungo. Perché di cerini accesi da passare di mano a investitori poco esperti gli operatori di Borsa ne hanno le tasche piene.

twitter.com/vitolops

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