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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 11:29.

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«Questo potrebbe accadere nel momento in cui dovessimo assistere a un deterioramento dei dati macro europei che potrebbero portare Draghi a considerare un taglio di tassi, data l'inflazione che comunque è prevista in decrescita e che i prezzi delle materie prime potrebbero rimanere stabili senza dunque produrre inflazione importata. Fino a quel momento, l'euro, se dovesse rimanere sopra 1,3250 continuerebbe a poter provare delle nuove accelerazioni a rialzo, che lo manterrebbero ancora molto lontano da 1,25, livello che si potrebbe raggiungere brevemente se si potesse stampare moneta».

Anche per Marco Vicentini, responsabile advisory di Banca Cesare Ponti l'euro in questo momento è sopravvalutato. «Pensiamo che la leva del cambio, in assenza di una piena unione fiscale ed in presenza di una valuta comune rimanga uno dei pochi strumenti a disposizione dei policy maker per ripristinare competitività per l'area Ue nel suo complesso; è pertanto "auspicabile" che il tasso di cambio effettivo dell'euro debba deprezzarsi nei confronti delle altre valute, in un'ottica di medio-lungo termine. Storicamente, il "divieto" di monetizzare il proprio debito pubblico, ed il mandato esplicito sulla stabilità dei prezzi nel medio lungo termine ha probabilmente avuto un ruolo importante nel mantenere il tasso di cambio euro-dollaro quasi costantemente al disopra del valore di parità del potere di acquisto con il dollaro (1,24), una "costante" che potrebbe essere vista come un "riflesso" delle peculiari caratteristiche del mandato della Bce».

twitter.com/vitolops

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