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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2013 alle ore 11:32.

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Ora disconosciuta da tutti, la paternità dell'accordo per tassare i depositi bancari a Cipro ha probabilmente almeno un genitore a Berlino. Ed è una mamma: il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Non basta a prendere le distanze che il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, abbia detto che sui termini dell'intesa la Germania è agnostica.

Consapevole del fatto che ogni salvataggio dell'isola dovrà passare all'approvazione del Bundestag, la signora Merkel ha fatto un semplice calcolo, tenuto conto delle elezioni in arrivo in Germania a settembre. Tutti i salvataggi europei precedenti sono passati al Parlamento tedesco con l'appoggio dell'opposizione (socialdemocratici e verdi) e con una fronda non indifferente dentro la sua maggioranza, democristiani e liberali. Con il voto quasi alle porte, è possibile che almeno una parte dei liberali, per rimarcare la propria differenza e completare l'ardua scalata al 5%, la soglia di sbarramento per entrare al Bundestag che oggi gli è preclusa dai sondaggi, accentui il proprio no al bailout cipriota.

Ma è la posizione dei socialdemocratici che si è irrigidita maggiormente con l'avvicinarsi delle elezioni: la Spd sente che Cipro è un tema sul quale può mettere in imbarazzo il cancelliere e ha insistito sul fatto che fra i depositanti delle banche dell'isola ci sono molti oligarchi russi e gli istituti ciprioti sono in odore di riciclaggio. Se i socialdemocratici decidessero di votare contro il bailout, il Governo rischierebbe una clamorosa sconfitta, possibilmente con pesanti conseguenze elettorali.

Per di più, nell'elettorato più conservatore, un partito che ancora non esiste ma che intende partecipare alle elezioni di settembre, Alternative fuer Deutschland, sta cominciando a coagulare il malcontento di una parte dell'opinione pubblica contro i salvataggi europei e addirittura in favore della fine dell'euro. Una minaccia finora latente, ma che il cancelliere sa di non poter sottovalutare. Gli elettori potenziali di Alternative sono i suoi.

Alla signora Merkel non restava quindi che restare ferma a Bruxelles su una linea – nella quale peraltro era tutt'altro che isolata – che facesse pagare i depositanti delle banche di Cipro, insieme ai contribuenti degli altri Paesi europei. Non per l'insistenza su un principio morale, come a volte viene descritta la politica tedesca nei confronti dei Paesi più deboli dell'Eurozona, ma per semplici ragioni di opportunità politica.
Il contraccolpo dell'annuncio di voler tassare i depositi bancari a Cipro – e il modo in cui la tassa è stata in un primo tempo concepita – è stato però così pesante da arrivare addirittura fino in Germania.

Dove il portavoce dello stesso cancelliere si è trovato costretto a ribadire l'impegno che la signora Merkel e il suo ministro delle Finanze di allora (per ironia della sorte, il suo sfidante di oggi per la guida della Germania, il socialdemocratico Peer Steinbrück) presero nel 2008, al culmine della crisi finanziaria globale: e cioè che i depositi nelle banche tedesche sono garantiti dallo Stato. Ancora una volta, l'Europa è riuscita a trasformare una crisi di piccole dimensioni in un rischio sistemico. E la Germania ha offerto il suo contributo all'escalation.

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