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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2013 alle ore 07:12.

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Poi c'è l'incertezza politica, soprattutto in Europa.
Certamente gioca anch'essa un ruolo. Saremo ancora per diverso tempo in una situazione di aggiustamenti difficili e alta disoccupazione. Non possiamo essere sicuri che i Governi saranno in grado di fare quello che devono o, in alcuni casi, siano al loro posto per farlo. Nell'eurozona c'è un problema addizionale, 17 Paesi con visioni e situazioni economiche diverse. E, mentre ci sono stati molti progressi istituzionali nell'ultimo anno, questo rende difficili i negoziati, ai passi avanti seguono parziali retromarce, e questo peggiora l'incertezza.

Lei ha parlato della Bce e della Fed. In Europa, molti vorrebbero che la Bce fosse un po' più come la Fed.
Ci sono differenze. La Fed ha un doppio mandato esplicito di occuparsi dell'inflazione e della crescita. La Bce, in parte perché è un'istituzione nuova che doveva crearsi una credibilità, in parte per le tradizioni diverse, si concentra sull'inflazione. Ma non credo che abbiano agito in modo molto diverso nella crisi. Entrambe hanno affrontato i problemi in modo aggressivo, con strumenti diversi, rispondendo a situazioni diverse. Il QE della Fed e l'OMT della Bce sono entrambe risposte molto aggressive. Un problema che la Bce dovrà probabilmente affrontare presto è come gestire e come reagire a un'inflazione sotto l'obiettivo. Sull'inflazione, farò un'osservazione ovvia: se la Germania vuole che il Sud dell'eurozona migliori la propria competitività, questo implica che abbia un'inflazione inferiore a quella tedesca. Ma se la Bce deve tenere l'inflazione media dell'area attorno al 2%, questo comporta, come fatto aritmetico, che la Germania deve avere un'inflazione sopra il 2. Questo non è ben compreso.

Si parla di guerra delle valute in cui tutti vogliono svalutare. Se la Bce non vi partecipa, il rischio è un euro forte che danneggi ancor di più la crescita.
Non c'è una guerra delle valute. Ma è importante che i Paesi abbiano un "codice stradale" chiaro, di quello che possono e non possono fare. All'ultimo G-20, i Paesi si sono accordati su queste regole generali, cioè che ogni Paese deve concentrarsi sull'obiettivo di un equilibrio interno, cioè una crescita vicina al potenziale, ed esterno, una posizione dei conti correnti con l'estero ragionevole. I cambi dovrebbero quindi essere determinati dai mercati, E se i flussi di capitale si rivelano troppo volatili, i Psesi possono usare diversi mezzi per ridurre questa volatilità. Mi sembrano regole ragionevoli, per un mondo molto complesso.

L'Europa ha anche il problema che, nonostante una politica monetaria che Draghi definisce molto espansiva, il credito all'economia reale è insufficiente in alcuni Paesi.

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