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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 17:13.
Risanatore di Parmalat, ma anche della Lucchini e dell'ex-impero Montedison. Il quasi 80enne Enrico Bondi, nato ad Arezzo e laureato in chimica, sale al comando dell'Ilva dopo aver percorso quasi tutte le vicende più calde della finanza e del capitalismo italiano.
La sua fama da risanatore nasce negli anni 90, con Bondi che trova l'appoggio di Enrico Cuccia e di Mediobanca. L'occasione è rappresentata dalla crisi del gruppo Ferruzzi e della Montedison. Con l'uscita quasi totale dal settore chimico e con la riorganizzazione del gruppo, la Montedison era diventata una holding di partecipazioni: nel portafoglio una rete diversificata di aziende come la Eridania Beghin Say (zucchero), le assicurazioni di Fondiaria, ma anche la Cereol (semi oleosi) e l'olio d'oliva Carapelli, fino alla Edison, con le attività nell'energia. Montedison nel 1993 finisce sotto pressione finanziaria: le banche creditrici, capeggiate da Mediobanca, spingono per la ristrutturazione della holding e appoggiano l'arrivo di Bondi.
Da li comincia a brillare la stella di Bondi. Nel 2001 arriva alla guida di Telecom Italia ma l'esperienza dura poco. Nel 2002 diventa amministratore delegato di Premafin (holding della famiglia Ligresti) ma anche questo passaggio professionale prosegue per pochi mesi. Nel 2003 arriva uno dei passaggi cruciali. Arriva al gruppo dell'acciaio Lucchini grazie alle buone relazioni con il capoazienda Luigi, già presidente di Montedison durante gli anni nei quali Bondi era amministratore delegato. Bondi riesce a ristrutturare il gruppo Lucchini favorendo poi il passaggio ai russi di Severstal.
Ma subito dopo, finita l'esperienza in Lucchini, nel 2004 inizia l'avventura più difficile, cioè l'operazione di salvataggio in Parmalat: diventa amministratore straordinario delle società, ristruttura l'azienda e riorganizza il gruppo lattiero caseario. Ma soprattutto Bondi comincia una guerra senza confini con quel mondo bancario che fino a poco prima lo aveva appoggiato. Con una serie di azioni revocatorie e risarcitorie nei confronti dei principali gruppi bancari, sia italiani che esteri, riesce a costituire una cassa di svariati miliardi di euro. Quel tesoro nascosto nei forzieri di Collecchio che poi sarà la ragione dell'Opa dei francesi di Lactalis.
Poi le vicende più recenti. Il 30 aprile 2012 è candidato da parte del governo Monti quale commissario alla Revisione della spesa dello Stato italiano: tuttavia la nomina dura pochi mesi in quanto Bondi si dimette a causa di pressioni politiche dovute al suo nuovo ruolo di supervisore alle liste del neonato movimento di Mario Monti. Ora l'ultima sfida come amministratore delegato dell'Ilva.
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