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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2013 alle ore 10:00.

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Il Pil italiano scenderà dell'1,5% quest'anno e tornerà a crescere solo il prossimo, ma in misura modesta dello 0,5%. In questo scenario, il calo delle tasse è da considerare irrealizzabile, almento per ora. Sono le previsioni dell'Ocse, presentate oggi a Roma. «Gli effetti positivi della serie di ampie riforme dal lato dell'offerta adottate a partire dalla fine del 2011 - si legge nell'Economic Survey - richiederanno tempo per materializzarsi, a causa del clima di scarsa fiducia, del ritmo lento della ripresa negli altri Paesi e della necessità di proseguire sulla strada del consolidamento fiscale». Secondo l'Ocse, «sono necessarie ulteriori misure volte a promuovere la crescita e migliorare la competitività, per rimettere l'Italia sulla strada di una crescita sana».

Il rapporto debito/Pil salirà al 131,5% nel 2013 e ancora al 134,2% nel 2014. L'Ocse avverte: «Con un rapporto debito/Pil vicino al 130% e un piano di ammortamento del debito particolarmente pesante, l'Italia rimane esposta ai cambiamenti improvvisi dell'umore dei mercati finanziari. La priorità è quindi la riduzione ampia e prolungata del debito pubblico». Secondo il nuovo quadro di previsione contenuto nell'Economic Survey, l'indebitamento netto sfonderà di nuovo la soglia del 3% del Pil quest'anno e il prossimo, toccando prima il 3,3% e poi il 3,8%.

Taglio tasse ora impossibile
Si legge nel rapporto: in italia «le manovre di bilancio dovrebbero essere focalizzate su tagli permanenti della spesa per evitare un ulteriore aumento di livelli impositivi già elevati» ma «é necessario avviare una ristrutturazione del sistema tributario per ridurre le spese fiscali inefficienti e rendere il rispetto degli obblighi più facile e meno costoso». Al momento, però, «é impossibile ridurre in modo significativo il livello complessivo dell'imposizione».

L'Imu non è una priorità
La priorità per l'italia é la riduzione del costo del lavoro e non eliminare l'Imu. Lo sottolinea il capo economista dell'Ocse Giancarlo Padoan, a margine della presentazione del rapporto, osservando che «se il governo vuole perseguire la crescita la prima cosa da tagliare é l'imposta sul lavoro».

Le indicazioni sul mercato del lavoro
Estendere l'accesso all'indennità di disoccupazione e ridurre il peso fiscale sul lavoro. Sono le raccomandazioni all'Italia che l'Ocse formula nell'Economic Survey, ritenendo queste azioni prioritarie e auspicando «un processo di valutazione delle politiche che selezioni le priorità, una delle quali è un sistema di protezione sociale più esteso, come da legge approvata», che prevede un'indennità di disoccupazione «omogenea e universale» da attuare entro il 2017, anche se «non molto generosa» rispetto ad altri paesi Ocse. Contestualmente, l'Ocse raccomanda di «allargare la base imponibile riducendo tutte le agevolazioni fiscali, permettendo la riduzione dell'aliquota marginale sul reddito da lavoro, in particolare per il secondo percettore di reddito», per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nonché sui lavoratori a basso reddito. Sempre sui temi del lavoro, l'Ocse consiglia di renderlo «più inclusivo, accrescendo l'occupabilità attraverso un sostegno attivo alla ricerca di lavoro e alla formazione, invece di tentare di preservare i posti di lavoro esistenti». E di «promuovere l'allargamento dell'attuale accordo tra le parti sociali per garantire un migliore allineamento dei salari e della produttività e ripristinare la competitività».

Il nodo delle banche
Le banche hanno «seriamente» risentito della crisi, dunque vanno incoraggiate «ad aumentare gli accantonamenti per perdite» e incitate «a soddisfare le loro esigenze di capitale tramite l'emissione di nuove azioni o la cessione di attività non strategiche». Lo scrive l'Ocse, pur riconoscendo che il sistema bancario italiano si é mostrato solido alla prova della crisi finanziaria. «La crescente avversione al rischio e la frammentazione del mercato finanziario dell'Area Euro - si legge - accentua l'impatto delle preoccupazioni circa la liquidità degli istituti di credito, e le banche italiane hanno sofferto del calo generale dei depositi esteri. Di conseguenza, hanno usufruito largamente delle operazioni speciali di rifinanziamento della Bce. La detenzione di titoli del debito pubblico hanno esposto le banche a ulteriori pressioni. Le banche hanno aumentato le loro riserve di capitale per coprire la loro esposizione al debito sovrano. Le banche italiane registrano in media un indebitamento inferiore ai loro omologhi europei. Tuttavia, con il persistere della recessione, il livello già elevato dei crediti in sofferenza é in aumento e rimane un'importante fonte di preoccupazione». In questa situazione, a fine 2012, i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti a un ritmo del 5-10% in termini reali: «Potrebbe diventare difficile per il settore bancario mantenere l'attuale dotazione di capitale per soddisfare i requisiti normativi e concedere allo stesso tempo nuovi finanziamenti. Nuove fonti di capitale potrebbero arrivare dall'estero. Nel passato, c'era una certa ostilità nei confronti dell'azionariato straniero e le autorità dovranno garantire che l'attaccamento, ad esempio, al regime speciale delle Fondazioni bancarie non dissuada nuovi potenziali investitori». Serve maggiore concorrenza nel settore finanziario.

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