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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2013 alle ore 11:28.

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Fmi e Tesoro Usa «scaricano» l'Argentina davanti al Tribunale

MILANO - Tra Argentina e Stati Uniti scoppia un caso diplomatico e ad accendere lo scontro è ancora l'annosa vicenda dei bond in default su cui si attende il pronunciamento del Tribunale di New York. Ad accendere la miccia è stata la decisione del Fondo Monetario Internazionale attraverso il direttore generale Christine Lagarde di ritirare il supporto all'Argentina davanti al Tribunale di New York dove pende il ricorso presentato dagli hedge fund Paul Singer della Elliott Management, smentendo il suo appoggio dato soltanto tre giorni fa. In una e-mail il Fondo sottolinea come la decisione della Corte americana potrebbe creare un precedente con ricadute sistemiche nei processi di ristrutturazione in generale.

La vicenda che si trascina ormai da dieci anni da quando l'Argentina oggi guidato dalla signora Kirchner è caduto in default nel 2001, sta assumendo i contorni di uno scontro politico e diplomatico dal momento che a scendere in campo ora è anche il Tesoro americano che a difesa degli investitori statunitensi ha dichiarato insostenibile la posizione dell'Argentina, invitando il Fondo Monetario a non intervenire nel procedimento legale.

Lo scorso ottobre il paese sudamericano aveva presentato ricorso al Tribunale di New York nel procedimento davanti al giudice Thomas Griesa dopo la decisione in primo grado che aveva imposto per la prima all'Argentina di ripagare il debito. Una decisione alla quale il paese sudamericano si è apporto perché le conseguenze sarebbero disastrose perché costringerebbe il paese a sborsare altri 43 miliardi a tutti colori che avevano aderito allo swap per consentire loro di godere delle stesse condizioni migliorative. Una causola prevista nel prospetto informativo relativo all'Ops, secondo la quale l'Argentina accettava che nel caso di proposte migliorative accettata in un secondo tempo, esse sarebbero estese a tutti coloro che avevano aderito all'offerta di scambio. L'Argentina ha già fatto sapere che anche se perderà la causa, non intenderà pagare, però è probabile che sarà lo stesso il giudice del Tribunale di New York Thomas Griesa a isolare l'Argentina costringendola al default.

Ora lo scontro si sposta sul campo diplomatico dal momento che l'Argentina accusa il Tribunale di New York «di intrusione senza precedenti nelle questioni interne di un paese estero che ha rapporti con gli Stati Uniti». La decisione della Corte potrebbe arrivare in ogni momento, ma prima di allora l'avvocatura dello Stato americano potrebbe essere audito davanti ai giudici della Suprema Corte. Il caso dell'Argentina si trascina dal 2001 quando il paese dichiarò la bancarotta con un debito record di 95 miliardi di dollari, per la maggior parte nelle mani degli investitori esteri, e dieci anni dopo ancora un pugno di bondholders è in ballo per definire le modalità del restante debito. Il 95% del debito è stato oggetto di un accordo di swap di nuovi titoli pari al 33% del valore originario. Ora questa nuova tegola arriva in un momento di grave difficoltà per il paese al punto che per evitare una nuova fuga di capitali all'estero, il governo ha razionalizzato la vendita di dollari e di altre valute forzando la popolazione a rivolgersi al mercato nero alla ricerca di valuta estera per i viaggi o per i risparmi.

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