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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2013 alle ore 12:55.

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La Bce non terrà i tassi di interesse bassi per anni e la politica monetaria «è entrata in un territorio sconosciuto e pericoloso». Frasi come quella pronunciata dal numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, fanno drizzare le orecchie ai mutuatari italiani, tanto agli aspiranti quanto a quelli che sono alle prese con il rimborso del mutuo.

Provando a leggere nella sfera di cristallo dei tassi il verdetto pare univoco: i tassi di interesse sono destinati a salire rispetto alle soglie attuali nei prossimi anni. Per tre, semplici, motivi: non sono mai stati così bassi (il tasso di riferimento della Bce è al minimo storico dello 0,5% mentre l'analogo statunitense oscilla in un range compreso tra 0 e 0,25%). Numero due: dopo aver toccato il fondo non possono continuare a scendere all'infinito dato che è pressoché impossibile assistere a tassi nominali negativi. Numero tre: sul mercato obbligazionario è partito nel 2013 un movimento di risalita dei tassi di interesse che ha portato il rendimento dei titoli di Stato statunitensi a 10 anni al 2,9% e spinto il Bund tedesco verso il 2% (molto più rispetto all'1,2% di un anno fa). I tassi sono in rialzo anche su scadenze più brevi: proprio ieri la Germania ha collocato 2,42 miliardi di titoli a 12 mesi (Bubills) con un rendimento medio dello 0,097%, rispetto allo 0,0513% della precedente asta.

Questi movimenti non si sono riversati al momento proporzionalmente a cascata sui già più alti tassi dei titoli periferici - vedasi i tassi dei BTp e dei Bonos che sono sì in rialzo ma a ritmo più lento di Bund e Treasury - determinando un calo del differenziale tra Bund e rendimento dei Paesi periferici, il cosiddetto spread sui titoli obbligazionari. Questo perché c'è ancora incertezza sulle tempistiche del tapering, non si sa cioè quando la Federal Reserve inizierà a ridurre il piano di stimoli monetari che finora ha sostenuto tanto le Borse quanto le obbligazioni dei Paesi core.

Focalizzandoci sui mutui c'è un'altra spia che lascia intravedere un futuro aumento dei tassi, l'andamento dei future sull'Euribor a 3 mesi, quotati a Londra sul mercato Liffe. Ebbene, questi future, ci dicono che l'Euribor a 3 mesi - che il parametro principe per determinare i tassi dei mutui variabili ed è attualmente fissato allo 0,225% - potrebbe chiudere l'anno allo 0,33% per portarsi a fine 2014 all'1% e raggiungere il 2% nel 2017. Se così fosse - va premesso che i future sono attualizzazioni che pescano sulle informazioni disponibili al momento della stima e per questo motivo non vanno considerate come verità assoluta - ci sarebbe il terzo indizio che nei prossimi mesi i tassi, seppur senza strappi preoccupanti, sono visti in rialzo. Rialzo in vista anche per gli indici Eurirs - che determinano le rate del fisso al momento della stipula - dato che seguono da vicino l'andamento del rendimento del Bund tedesco. Negli ultimi mesi l'Eurirs a 20 anni è balzato dal 2,2% al 2,7%, proprio in scia all'aumento dei rendimenti del Bund tedesco.

Se tre indizi fanno una prova, l'ipotesi di un rialzo futuro dei tassi è più probabile. Il punto è, osservando il problema con gli occhi del mutuatario, come questo rialzo ipotizzato possa incidere nella scelta del miglior mutuo da stipulare. Sempre posto che la banca, in questo periodo di magra, sia disposta ad erogare il credito.

Questa estate il bouquet di offerte di mutui non ha subito scossoni. Le migliori offerte a tasso variabile - nell'ipotesi di un finanziamento di 150mila euro a 25 anni - propongono un Taeg (Tasso annuo effettivo globale) del 3,04% (Iwbank). Il miglior Taeg a tasso fisso è invece 5,01% (Cariparma). Scegliendo il tasso fisso si parte con una rata di circa 150 euro più caro (nell'esempio) o più cara del 15% circa (per tutti gli esempi).

Se i tassi dovessero salire al lento ritmo profetizzato dai future sull'Euribor a 3 mesi è difficile convincersi del fatto che partire sin da ora con un fisso sia la soluzione ottimale. Molti aspiranti mutuatari o mutuatari in corso che valutano opzioni di surroga, dinanzi a questo bivio, analizzano di solito il variabile con cap (ovvero con una protezione al di là della quale il mutuo risulta indifferente a ulteriori aumenti dei tassi). Cosa propone il mercato? Nella migliore delle ipotesi (gruppo Bipiemme) il cap è fissato al 6%. Una soglia distante circa 300 punti base rispetto alla migliore soluzione a tasso variabile disponibile oggi. Il cap offre un ombrello potenziale (che in teoria potrebbe non aprirsi mai o farlo solo per poche rate) con la certezza però di pagare circa 50 punti base al mese in più rispetto a un variabile semplice (il miglior Taeg con cap è di Webank al 3,62%).

A questo punto non resta che valutare il misto, una via di mezzo proposta da molti istituti per gli indecisi. Solitamente si può cominciare dal variabile e decidere dopo un po' di tempo se spostarsi a fisso. O viceversa. È una soluzione che sta tornando di moda adesso ma nelle offerte in campo è lontana dall'ideale di mutuo perfetto perché nella maggior parte dei casi è più cara (anche in questo caso di circa 50 punti base) di un variabile semplice e poi le finestre per lo switch (cambio di tasso) sono quasi sempre prefissate (rigide). Decisamente migliore, invece, l'opzione che consente al mutuatario di decidere il timing per cambiare, qualora convenga, il tasso inziale. E poi in teoria con l'opzione aperta della surroga gratuita, ogni mutuo semplice è tecnicamente un misto.

twitter.com/vitolops

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