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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2013 alle ore 06:52.

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Cedere una rete per ridurre il debito non è però in predicato. Gubitosi la liquida come «un'ipotesi del passato»: «Nell'ottica aziendale non si capirebbe perchè farlo, si rinuncerebbe a importanti sinergie». La Rai continuerà a mantenere tre reti generaliste, «che resteranno tali, ma con una maggior caratterizzazione». Rai1, spiega, deve migliorare la qualità e puntare sulla fiction che «è un fiore all'occhiello per l'azienda, un modo di trasmettere valori civici». Ma soprattutto è Rai2, a suo giudizio, che deve e può cambiare, «sperimentando di più sui giovani». E, a fianco, delle tre reti generaliste, il focus è sui canali tematici: Rai4 ancora sulla fiction, Rai5 sulla cultura, l'informazione in diretta su Rainews24. La tecnologia, con la digitalizzazione delle "teche", come vengono chiamati gli archivi, aiuterà a sviluppare il rapporto interattivo con lo spettatore che potrà fruire di programmi a richiesta, gratuitamente se è in regola con il pagamento del canone. Ma una cosa è certa: nessuna tentazione di inseguire la tv a pagamento. «Il modello Rai resta centrato sul canone e i contenuti in chiaro».
Le interferenze della politica? «La Rai - rivendica Gubitosi - ha senso se è percepita come indipendente e imparziale. Deve recuperare in pieno il ruolo di servizio pubblico nell'interesse del Paese». «E personalmente - aggiunge - nel complesso mi è stato permesso di lavorare bene. Sicuramente quello di direttore generale della Rai non è un mestiere semplice, però è estremamente gratificante. Riuscire a migliorare un'azienda pubblica è qualcosa che dà molta soddisfazione».
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