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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 12:35.

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Quantitative easing? Solo un americano su quattro sa cosa sia

La Federal Reserve di Ben Bernanke sta facendo un "raddrizzamento monetario" paragonabile per dimensioni e rischiosità a quella del raddrizzamento della Costa Concordia arenata sull'isola del Giglio. Sta cioè per decidere di ridurre la politica monetaria accomodante di tipo quantitativo che finora ha consentito agli Stati Uniti di riuscire a galleggiare nel corso della più grande Recessione dai tempi della grande Depressione del 1930. Siamo cioè in terra incognita senza letteratura, esattamente come è avvenuto per la Costa Concordia.

La Banca centrale americana ha messo sul piatto finora 2800 miliardi di dollari nel "quantitative easing" gestito dagli uomini della Fed (non sempre concordi, basti ricordare le posizioni contrarie di Thomas Hoenig della Fed di Kansas City), operazione che ha fatto balzare i prezzi delle azioni a livelli record, guidato i tassi di interesse ai minimi storici e sostenuto i prezzi del mercato immobiliare in caduta libera, oltre ad aver aiutato le banche americane dal liberarsi di titoli tossici in pancia. Anche i tassi dei TBond sono andati a picco a causa dei ripetuti acquisiti sul mercato che hanno fatto alzare il prezzo delle obbligazioni.

La mossa del QE ha avuto risultati incerti sull'economia americana ma un effetto sicuro e condiviso da tutti gli analisti: ha indebolito il dollaro e ha creato le premesse di un carry trade globale dove i soldi immessi sul mercato americano si sono subito volatilizzati a caccia di rendimenti migliori nei mercati emergenti. L'afflusso di questi "soldi bollenti" ha creato in passato un aumento delle monete di Brasile, Turchia, Corea e Thailandia che hanno dovuto correre ai ripari varando misure non convenzionali come la tassazione del 15% dei divendendi dei capitali stranieri. Inoltre la banca centrale di Seul ha ripreso gli acquisti d'oro che intanto è schizzato per evitare che le proprie riserve ufficiali si svalutassero. Situazione ora, dopo anni di flussi costanti, che si sta completamente capovolgendo con le valute degli emergenti in picchiata e questi che strillano, come avvenuto al G20 di San Pietroburgo, perché non si tocchi il QE o almeno lo si faccia con cautela.

Eppure, appena un quarto degli americani sa cosa sia il quantitative easing. Un sondaggio Reuters/Ipsos ha trovato solo il 27% di un campione di adulti statunitensi capaci di scegliere correttamente la definizione del quantitative easing tra cinque possibili risposte.

Il 12% degli intervistati ritiene che il QE sia un programma computerizzato che la Fed usa per manipolare il dollaro. Un altro 11% pensa che sia parte della riforma del sistema finanzario Dodd-Frank, legge "monstre" approvata dal Congresso a seguito della crisi del 2008, ma non ancora attuata.

A dire il vero, due delle risposte più gettonate e risultate errate - «un modo della Fed per rendere più facile per le banche commerciali prendere in prestito sold e darli ai consumtorii», e «quando la Fed ripetutamente abbassa il tasso di interesse ufficiale» - si sono avvicinate abbastanza alla risposta esatta.

Dopo tutto, il quantitative easing è orientato a ridurre gli oneri finanziari. Ma per una Fed che ha recentemente sottolineato l'importanza della comunicazioni al mercato - e quanto l'efficacia della sua politiche dipenda dalla comprensione del pubblico del loro impatto su inflazione e occupazione - il fatto che il 73% degli intervistati non possono rispondere esattamente alla più grande manovra di politica monetaria non convenzionale della storia, suggerisce che la Fed ha un grave problema di comunicazione. Compito del nuovo governatore visto che Bernanke è a fine mandato e Larry Summers, che di comunicazione se ne intende solo per la sua attività politica di ex Segretario al Tesoro ai tempi di Bill Clinton e presidente emerito di Harvard, ha gettato la spugna. Peccato perche lui avrebbe saputo spiegare e «parlare ai mercati», come Robert Redford sapeva «sussurrare ai cavalli». Alla fine conta molto ciò che si fa, ma molto di più quello che si sa comunicare.

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