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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2013 alle ore 12:22.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2013 alle ore 15:35.

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Le assicurazioni possono canalizzare liquidità verso la piccola media impresa purché le risorse siano veicolate tramite fondi di fondi e che il tutto venga disciplinato con un nuovo patto tra pubblico e privato. Ivass e Ania non sono contrarie a priori a sostenere un intervento diretto del mondo assicurativo sul tessuto economico italiano e lo hanno detto ieri alla prima giornata del 15° Annual Assicurazioni del Gruppo 24 Ore, fatto in collaborazione con Boston Consulting e Towers Watson e che si concluderà oggi a Milano. Tuttavia vanno prese le dovute cautele.

«Il 1° gennaio 2016 entrerà in vigore Solvency II» ha spiegato Alberto Corinti dell'Ivass, sottolineando che la nuova normativa è un punto chiave per stabilire in che modo e in che misura le compagnie assicurative possano avere un ruolo nello spostare parte dei propri attivi verso le piccole e medie imprese: «Solvency II è favorevole alle imprese, non limita il rischio ma lo misura». Certo, a patto che ciò non vada a discapito «di una gestione sana» che deve restare la priorità per i gruppi assicurativi. Gruppi che, secondo il presidente dell'Ania, Aldo Minucci devono comunque restare focalizzati sul fatto che «le risorse di cui dispongono sono degli assicurati».

Per questo è contemplabile un ruolo degli assicuratori come supporto agli investimenti solo nella misura in cui questo si attui all'interno di «un patto tra pubblico e privato», un accordo che preveda anche una fiscalità agevolata. In ogni caso il supporto potrà avvenire solo tramite «fondi di fondi». Anche perché, dopo due anni difficili, l'obiettivo centrale del settore deve essere la focalizzazione sul core business. Con le famiglie che riprendono, pur gradatamente, a risparmiare, la sfida è trovare nuove forme di raccolta. Per questo innovazione e crescita sono la chiave di volta. «Vediamo rispetto a un anno fa qualche piccola avvisaglia di ripresa, con la nuova produzione vita che ad agosto ha fatto segnare un +35% rispetto all'anno precedente - ha spiegato Alessandra Gambini di Towers Watson. Ecco perché sebbene «lontani dai Roe a doppia cifra dello scorso decennio» e in vista di «una fase che sarà caratterizzata da ulteriori difficoltà per i prossimi due anni» - come ha spiegato Davide Corradi di Boston Consulting Group - i vertici dei diversi gruppi assicurativi devono individuare strategie innovative, puntando anche su nuovi modi di finanziare il capitale (per esempio con la cartolarizzazione di portafogli vita, come spiegato ieri Wolfgang Hoffmann di Towers Watson), ma soprattutto su diversi modelli di distribuzione.

«Sui canali distributivi ci giochiamo il futuro - ha spiegato Giovanni Giuliani responsabile delle strategie di Generali - Con modelli diferentissimi a livello globale, le compagnie devono diventare fabbriche eccellenti di prodotti da distribuire sui diversi canali». E in questo rientra anche «il grande cambio che il modello di bancassurance ha sperimentato con la crisi» come sostiene Patrick Dixneuf di Aviva. Anche Franco Ellena, d.g. di Unipol, conferma che esiste la «necessità di ripensare la distribuzione», ma, afferma: «C'è bisogno di recuperare flessibilità, visto che, dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro, le compagnie hanno ancora la stessa struttura degli anni Sessanta».

«Crisi e avvento del digitale hanno cambiato radicalmente la struttura dei consumi e le compagnie si devono adeguare» gli fa eco Giovan Battista Mazzucchelli di Cattolica. Eppure i problemi del mercato italiano, in cui il costo elevato dell'Rc auto assorbe ancora gran parte della spesa assicurativa dei clienti, non riguardano solo il canale distributivo: «L'Italia è un mercato sottosviluppato sul non-motor retail. Perché gli italiani non comprano le assicurazioni sulla casa?» - si chiede George Sartorel di Allianz; rispondendo che, forse, per agganciare la timida ripresa, anche le assicurazioni sono chiamate ad approcciare il mercato «con una mentalità diversa».

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