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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2013 alle ore 15:01.
L'ultima modifica è del 27 ottobre 2013 alle ore 18:21.

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Un rapporto folle tra risorse proprie, debiti e reddito. Con quei 4,55 miliardi di risorse (delle banche non sue) Zaleski si scatena. Compra 2,6 miliardi di euro di titoli Intesa che sommati agli acquisti dell'anno prima di titoli Sanpaolo portano il finanziere a possedere 3,6 miliardi di euro di IntesaSanpaolo. Diventa così il secondo azionista della nuova banca post-fusione con il 5,9% dell'intero capitale, alle spalle della Compagnia di Sanpaolo. Ma non finisce qui: compra 300 milioni di euro di azioni Mediobanca; 185 milioni di Ubi; sale al 4% di Mps per un valore di acquisti di titoli per 534 milioni e non contento entra pure in Telecom Italia con 500 milioni. Oltre a possedere 835 milioni di euro di titoli Generali. Totale: compra i big del listino italiano per 4,6 miliardi. Di fatto i crediti erogati nel 2007 servono tutti a comprare titoli. Nulla finisce in investimenti produttivi, nulla finisce ad espandere i ricavi industriali della Tassara. Eccolo qui il raider di Borsa. Chiude il 2007 con un bilancio che vede 10,5 miliardi di portafoglio titoli e un capitale di 1,5 miliardi. 9 miliardi non sono suoi: glieli hanno prestati le banche per fare shopping in Borsa.

INIZIA IL TRACOLLO
Poi il 2008 il tracollo. Zaleski ha comprato tutto ai massimi storici e tutto crolla. Si mette a vendere disperatamente. Quell'anno, il 2008, disinveste 5,6 miliardi del suo portafoglio da oltre 10 miliardi. Vende solo di azioni IntesaSanpaolo 224 milioni di pezzi per un controvalore di 1,28 miliardi. Ma quel disinvestimento lo fa in perdita. Avrà nel 2008 minusvalenze per 427 milioni e dovrà svalutare oltre 800 milioni su quel che gli rimane. Morale chiude il 2008 con la Tassara in perdita per 1,4 miliardi, un patrimonio sceso da 1,5 miliardi a 195 milioni e gli rimangono appiccicati debiti con le banche per 3,7 miliardi. Il fallimento è già annunciato. Lo salvano le banche prorogando la restituzione dei loro soldi al 2011. Lo prorogheranno poi fino al 2013 e nelle scorse settimane al 2016. Zaleski è fallito ma le banche lo tengono in vita artificialmente non chiedendo indietro i soldi e tenendo tassi d'interesse i più bassi possibili poco meno del 3%. Solo nel 2011, in pieno credit crunch, le banche cominceranno a chiedere al signor Zaleski tassi più consoni al suo stato pre-agonico.

LE BANCHE STRANIERE SI FANNO RESTITUIRE I SOLDI
Ma le banche straniere invece non ci stanno. Loro sì, che non hanno legami di altra natura con Zaleski fanno la voce grossa: Bnp e Royal bank of Scotland chiedono e ottengono la restituzione all'inizio del 2009 di prestiti per 1,6 miliardi. Per loro partita chiusa senza contraccolpi. Non è così per le banche italiane. Loro devono attendere. Cosa? Il momento in cui il valore dei titoli delle loro stesse banche saliranno fino a pareggiare i valori dell'acquisto massiccio e scellerato del 2006-2007. Ancora oggi siamo lontani, molto lontani. Le azioni Intesa sono in carico a bilancio della Tassara a 3,59 euro contro l'1,8 euro del valore di borsa, il doppio. Ciò significa che se Zaleski vendesse gli 800 milioni di controvalore che gli rimangono avrebbe perdite per 400 milioni. Zaleski ha anche azioni Mps per 200 milioni di valore al prezzo di 1,49 euro. Valgono oggi meno di 30 milioni. E così quel portafoglio virtuale di quasi 2 miliardi ne vale la metà. Occorre aspettare. Anche perché nessun aiuto viene da quel poco che residua tolta la finanza speculativa. La sua azienda industriale di punta la Metalcam ha perso altri 20 milioni nel 2012, dopo i 20 milioni di perdite sia nel 2010 che nel 2011 e ha 181 milioni di debiti con le banche.

PER LO STESSO ZALESKI LA TASSARA VALE ZERO
Lo stesso zaleski non fa mistero di essere fallito. Il valore della sua Tassara nel bilancio della Ajanta holding, la sua scatola personale che possiede il 20% della Tassara, è stato quasi azzerato con i conti del 2012. Solo le banche fanno finta che nulla sia accaduto. Anche perché se fallisse Zaleski qualcuno potrebbe chiedere conto ai banchieri, da Intesa in testa che l'ha finanziato per almeno la metà dell'intero pacchetto di prestiti, del perché hanno finanziato un soggetto non per la sua attività industriale ma per il suo shopping selvaggio e scriteriato sulle borse. E non è finita. Oltre che attendere, le banche dovranno supplire alla carenza di patrimonio della Tassara. C'è da ricostituire il capitale che è sottozero. Non c'è problema, se Zaleski non ce la farà da solo, ecco pronta la conversione di crediti per 650 milioni in capitale. Tutto per far stare in piedi la baracca. Pena perdere tutto. Ne sa qualcosa Intesa che pressata da Bankitalia ha iscritto per la prima volta quest'anno a incaglio ben 800 milioni di crediti a Zaleski.
Cosa non si fa per tenere in piedi monsieur Zaleski, a dispetto di ogni evidenza. Del fatto cioè che è fallito da tempo, anche se non si deve dire. Peccato che lo stesso trattamento di riguardo non lo ricevano imprenditori veri che si sono visti tagliare i crediti per oltre 70 miliardi dall'inizio della crisi, tanto è stata forte la morsa creditizia in Italia. Due pesi e due misure.

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