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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2013 alle ore 15:01.
L'ultima modifica è del 27 ottobre 2013 alle ore 18:21.

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Si possono perdere quasi 2 miliardi di euro, con bilanci in rosso ininterrottamente dal 2008, dopo aver ricevuto dalle banche oltre 9 miliardi, una montagna di denaro in prestito? Sì. Però solo se ti chiami Romain Zaleski, hai un passato da imprenditore metallurgico e un recente presente da puro speculatore di Borsa.
Vallo a spiegare a uno delle decine di migliaia di piccoli imprenditori chi si sono visti in questi anni revocare un fido solo perché in ritardo con il pagamento delle rate.
Succede questo in Italia e l'affaire banche-Zaleski che qui racconteremo è il caso più emblematico e nefasto del rapporto malato tra le banche e i loro azionisti-clienti su cui si è soffermato il monito recente del governatore di Bankitalia Ignazio Visco.

Zaleski è stato infatti graziato poche settimane fa dal sistema del credito per la quarta volta consecutiva negli ultimi 5 anni. Debiti congelati fino al 2016 prima di dover restituire i soldi alle banche. Eppure Zaleski è tecnicamente fallito almeno dal 2011 quando nel bilancio della sua Tassara ha dovuto scrivere di avere patrimonio netto negativo per 428 milioni, frutto delle perdite cumulate per 2 miliardi dal 2008 in poi a fronte di debiti con le banche per 2,9 miliardi nel 2011. Debiti che erano arrivati a valere 9 miliardi nel 2007.
Ma Zaleski non può fallire. Se chiudesse la Tassara le banche che l'hanno copiosamente finanziato tra il 2006 e il 2007 perderebbero i loro crediti residui. E allora gli si dà tempo, quel tempo negato ad altri imprenditori. E' dal 2008 che a Zaleski viene concesso questo trattamento di favore. Il motivo è semplice. Per restituire i 9 miliardi cui è arrivato il suo debito all'apice del 2007 il finanziere franco-polacco dovrebbe vendere il giardinetto di titoli bancari comprati a piene mani negli anni passati. Peccato che i prezzi di quei titoli siano tuttora alti più del doppio dei valori di mercato. Se vende avrebbe centinaia di milioni di nuove perdite e addio rimborsi alle banche. Ma come si è arrivata a questa situazione così paradossale e che grida allo scandalo?

LO SHOPPING IN BORSA CON I SOLDI A PRESTITO
La storia dell'accrocchio Zaleski-banche nasce da lontano. Nel 2006 ecco in scena l'imprenditore-speculatore. In quell'anno (l'anno prima della fusione tra Sanpaolo e Intesa) compra 800 milioni di euro di azioni Sanpaolo e altri 800 milioni li investe in Generali. Soldi suoi? Solo in parte. In quell'anno la sua Tassara ha patrimonio netto per 1,5 miliardi ma vede i suoi debiti salire da 1,2 miliardi a 4,45 miliardi. Sono le banche che evidentemente gli prestano denaro per il suo shopping borsistico. Ma è solo il primo assaggio della mutazione genetica dell'ex imprenditore siderurgico. Il 2007 è l'apoteosi. Le banche (Intesa in testa, seguita da Unicredit, Mps, Ubi) gli danno sull'unghia altri 4,55 miliardi di crediti. Il debito cumulato arriva così a 9 miliardi a fronte di un capitale della Tassara fermo a 1,5 miliardi e ricavi per appena 160 milioni.

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