La parola definitiva è arrivata stamattina. La busta arancione va in soffitta. Il mitico documento che doveva quantificare la pensione dei lavoratori post riforma Dini del 1995 (sistema contributivo) non arriverà più. «Busta arancione vuol dire tutto e vuol dire nulla. Io sono sempre stato a favore della trasparenza. Ma se busta arancione vuol dire inviare a casa di tutti un foglio con dei numeri non credo faremmo un buon servizio al sistema, visto anche, come dimostrano i dati Ocse, la scarsa dimestichezza di molta parte della popolazione con la capacità anche matematica».

Lo ha dichiarato stamattina il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, nel corso dell'audizione davanti alla commmissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori.

Arriva dunque la risposta della copertina di Plus24-Sole24Ore del 16 novembre scorso: «Dov'è la busta arancione?». Un documento inventato dagli svedesi: il governo scandinavo, subito dopo la riforma previdenziale contributiva a metà degli anni '90, inviò ai cittadini una busta di color arancione per comunicargli ciò che avrebbero preso di pensione con il nuovo calcolo.

Anche la riforma Dini è della metà degli anni '90, ma agli italiani non è stata inviata la busta arancione per spiegargli che non avranno più una previdenza calcolata sugli ultimi dieci anni di retribuzione ma, al contrario, valutata sui contributi versati nel corso dell'intera vita lavorativa.

Giovannini nega però resistenze sul tema della busta arancione: «Non ci sono resistenze ma attenzione affinché vi sia un passo avanti e non sia un boomerang». E allora qual è la soluzione per dare consapevolezza alla popolazione sul futuro pensionistico? «Stiamo lavorando con i tecnici Inps per costruire un sistema informatico che educhi e consenta alle persone di fare simulazioni più che dire: ecco il tuo destino è segnato e non puoi fare più nulla».

L'audizione di Giovannini sul web

©RIPRODUZIONE RISERVATA