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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 12:59.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2013 alle ore 20:53.

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Parlamento e Consiglio hanno trovato nella notte tra mercoledì e giovedì un sofferto accordo su un pacchetto di regole con le quali gestire le future ristrutturazioni bancarie, prevedendo il contributo degli azionisti e degli obbligazionisti. L'obiettivo è di evitare di pesare sui contribuenti in occasione di salvataggi bancari, ma il rischio secondo molti osservatori è di assistere a una nuova ondata di nervosismo sui mercato. I depositi fino a 100mila euro saranno comunque preservati.

Investitori coinvolti fino all'8% delle perdite
L'accordo prevede che azionisti e obbligazionisti vengano chiamati a contribuire alla ristrutturazione tutte le volte in cui è stato perso fino all'8% degli attivi. Oltre a questo livello, ci si potrà rivolgere al futuro fondo di risoluzione per un ammontare fino al 5% degli attivi della banca. L'intesa, dovrebbe entrare in vigore nel 2016. Le norme verranno utilizzate dal futuro meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie, tuttora al centro di un negoziato tra i Ventotto.

Contribuenti risparmiati
«Con queste nuove regole massicci salvataggi bancari con denaro pubblico e le loro conseguenze per i contribuenti saranno finalmente una abitudine del passato», ha detto il commissario al mercato unico Michel Barnier. Tra il 2008 e il 2011, i governi dell'Unione, secondo dati della Commissione, hanno messo a disposizione delle banche fino a 4.500 miliardi di euro. Le nuove regole prevedono un contributo non solo agli azionisti e agli obbligazionisti junior, ma anche ai detentori senior di crediti non garantiti.

L'accordo raggiunto dal Parlamento e dal Consiglio e che deve ora essere fatto proprio dalle due istituzioni autonomamente prevede la possibilità di nazionalizzare una banca, nel caso in cui la stabilità finanziaria sia a rischio. Secondo il testo dell'accordo i singoli governi possono considerare eccezioni al contributo dei creditori alla ristrutturazione di una istituzione finanziaria chiedendo però l'autorizzazione alla Commissione, che può dare parere negativo.

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