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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2014 alle ore 15:53.
L'ultima modifica è del 08 gennaio 2014 alle ore 09:09.
Il 2013 appena concluso è stato un anno nero per i mercati emergenti. Bond, azioni e valute delle economie in espansione, in passato asset gettonati dagli investitori, hanno sperimentato un corposo deflusso di capitali. Secondo gli ultimi dati sul 2013 di Epfr Global, la fuga dai fondi azionari e obbligazionari specializzati in mercati emergenti è stata pari a 59 miliardi di dollari. Un saldo netto negativo equamente distribuito tra reddito fisso (rosso da 31,4 miliardi di dollari) ed equity (-27,6 miliardi di dollari). Un'ecatombe se si pensa che solo un anno prima gli stessi fondi avevano registrato flussi netti positivi per 119 miliardi di dollari.
Il cambio di passo è arrivato a maggio dell'anno scorso quando, per la prima volta, il presidente della Fed Ben Bernanke ha fatto capire che l'era della liquidità facile era destinata a terminare. La banca centrale americana, che per far fronte alla crisi finanziaria del 2008 aveva stampato moneta a tutto spiano tramite acquisti di titoli di stato e altre obbligazioni, avrebbe ridotto gradualmente queste iniezioni di liquidità in considerazione del miglioramento della congiuntura economica. Tra il dire il fare sarebbe passato più di un semestre dato che solo questo mese la Fed ridurrà ufficialmente le operazioni di "Quantitative easing" portandole da 85 a 75 miliardi di dollari al mese. Ma il mercato, come sempre, non ha aspettato a prepararsi all'evento e in questi mesi ha messo in atto una corposa rotazione di portafoglio vendendo quegli asset che in questi anni avevano particolarmente tratto beneficio dalla politica ultraespansiva della Federal Reserve. Azioni e bond dei mercati emergenti in particolare.
Dove si è posizionata tutta questa liquidità in fuga? I dati Epfr Global ci dicono che buona parte di questi fondi è stata rimpatriata nei mercati "sviluppati". Soprattutto in Europa che negli anni scorsi era stata snobbata dagli investitori per via della crisi di fiducia sull'euro e dell'economia in rallentamento. Nel 2013 buona parte delle paure legate alla fine della moneta unica è stata scacciata via e lo spread Bund-BTp, termometro tutto italiano della febbre dei debiti sovrani, è tornato sotto quota 200 punti. Sul fronte della congiuntura poi qualche importante segnale di ripresa ha iniziato a farsi sentire. E così se il 2012 era stato un anno nero, in particolare sul fronte azionario (deflussi netti per oltre 20 miliardi di dollari), il 2013 per l'Europa è stato un anno decisamente brillante. Lo conferma il saldo netto positivo registrato dai fondi azionari specializzati nel Vecchio Continente che hanno registrato flussi netti positivi per 53,4 miliardi di dollari.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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