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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2014 alle ore 13:17.
L'ultima modifica è del 23 gennaio 2014 alle ore 14:14.

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Le voci degli ultimi giorni, che riportavano in auge il ritorno di fiamma di Lenovo e ipotizzano le candidature di Dell e Fujitsu, sono state spazzate via con un annuncio congiunto a firma della multinazionale cinese e di Ibm: la divisione x86 di Big Blue passerà di mano per 2,3 miliardi di dollari (di cui due miliardi in contanti e il resto in azioni Lenovo) e con essa le famiglie dei prodotti server e switch System x, BladeCenter eFlex System, i sistemi integrati Flex e le linee NeXtScale e iDataPlex con relativi software.

Nel catalogo Ibm rimarranno invece i mainframe System z, Power Systems e Storage Systems, i server Flex basati su architettura Power e le appliance hardware PureApplication e PureData; nei suoi laboratori continueranno ad essere sviluppati i software per sistemi operativi Windows e Linux per la piattaforma x86. Resta da definire il destino di 7.500 dipendenti Ibm (inclusi quelli operativi nelle sedi di Shanghai, Shenzhen e Taipei), che dovrebbero essere comunque assorbiti da Lenovo. In attesa della chiusura della transazione, entrambe le società continueranno ad operare con le proprie divisioni "server" in modo indipendente. L'accordo definitivo è stato trovato dopo mesi di trattative, dopo che l'anno scorso il deal fallì per divergenze legate al prezzo di acquisto. Il Ceo di Lenovo, Yang Yuanqing, non ha mancato di salutarlo come un'operazione che alimenterà la crescita profittevole della società e che ne estenderà la strategia denominata Pc Plus.

Il mercato server
Lo stesso Ceo, il giugno scorso, dichiarava come l'obiettivo a tre anni per Lenovo fosse quello di conquistare una quota di mercato nei server compresa fra il 5 e il 10%, rispetto al 2,6% di share che l'azienda vantava a fine 2012. L'acquisizione era quindi un passaggio previsto, in virtù del fatto che Ibm, seppur costretta a registrare una flessione costante di questo business, è ancora oggi il terzo vendor del segmento x86, dietro Hewlett-Packard e Dell. La divisione finita in mani cinesi generava comunque, nel terzo trimestre 2013, entrate pari a 2,1 miliardi di dollari, catturando circa il 13% dei 9,5 miliardi di dollari che costiuivano il giro d'affari globale dei server x86 nel periodo considerato. Lenovo, per contro, non risultava alla fine di ottobre scorso (secondo i dati di Idc) nella top 10 del ranking mondiale.

La necessità di creare un ecosistema di soluzioni enterprise
Detto che gli analisti hanno accolto con favore l'operazione, per Lenovo – oggi primo vendor di personal computer al mondo e protagonista nel 2005 della scalata alla divisione pc ThinkPad della stessa Ibm – si tratta ora di trovare le giuste alleanze con i produttori di software di classe enterprise (Oracle, Vmware e altri). Dopo aver stretto con Emc un importante sodalizio sul fronte storage, il prossimo passo è quindi quello di creare un vero e proprio ecosistema di soluzioni (e di partner) appetibile per le grandi aziende. É evidente, in ogni caso, come la mossa della casa asiatica sia un guanto di sfida lanciato verso Dell e Hp per ciò che concerne il mercato dei server di fascia medio bassa ad architettura x86, basati su chip Intel e Amd.

La strategia di Big Blue
L'annuncio, come detto, non arriva a sorpresa e l'accoglienza favorevole all'operazione da parte degli addetti ai lavori si spiega per esempio con le capacità produttive che può vantare Lenovo e l'abilità, di recente dimostrata nei personal computer, di sfruttare il proprio canale di vendita. Dal punto di vista di Ibm, invece, l'accordo si inserisce (come spiega la nota diffusa dalla compagnia di Armonk) nella strategia finalizzata a riorganizzare il portfolio d'offerta attorno ai prodotti enterprise a maggior valore aggiunto. In tal senso vanno ricordati gli annunci di queste settimane relativi agli investimenti che la società ha pianificato per il supercomputer Watson (oltre un miliardo di dollari) e per insediare 15 nuovi data center in cinque continenti a supporto della propria offerta di servizi cloud (altri 1,2 miliardi di dollari). Fa specie, però, ricordare come non più tardi di una decina di giorni fa Ibm abbia presentato in Italia la sesta generazione della sua X-Architecture dedicata ai server System x e ad alcuni sistemi PureSystem, confermando di fatto il proprio impegno nello sviluppo di soluzioni a tecnologia x86 ed assicurando ai clienti (con la nuova roadmap tecnologica) la protezione degli investimenti effettuati.

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