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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2014 alle ore 13:56.
L'ultima modifica è del 16 aprile 2014 alle ore 10:48.

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Nel 2011, in piena crisi dello spread, alcune case di investimento realizzarono report e simulazioni sulla scomparsa dell'euro. Gli scenari si sprecavano e, in alcuni, venivano anche previsti sommovimenti sociali. Per fortuna è andata in modo diverso. Oggi il "Basta euro" è diventato cavallo di battaglia di alcuni movimenti politici in vista delle elezioni europee. Dall'altra ci sono appelli di illustri economisti italiani che mettono in guardia da tale deriva.

Strumenti finanziari e gli umori di mercato
Allora abbiamo verificato gli effetti sugli strumenti finanziari in caso di un break up dell'euro (vedi tabella allegata) per capire operativamente cosa può accadere. E poi abbiamo deciso di sentire mercato e accademici per sondarne gli umori. Fra quelli che hanno parlato in modo manifesto e chi invece ha preferito restare anonimo, la maggioranza è convinta che l'euro ha un lungo futuro. C'è qualcuno che non considera proprio immaginabile qualcosa di diverso dalla moneta unica e, anche in caso di una ipotetica conversione da euro in lire (o dracma, peseta e altre divise), pretende che i debiti vengano sempre onorati sulla base del valore della vecchia valuta.

Se tirato per la giacchetta, qualcuno immagina una banda di oscillazione del 10% per i Paesi più deboli: euroA ed euroB. Ma l'ipotesi è considerata di difficile attuazione. Infine le valutazioni post-euro con la premessa, viene sottolineato, che siamo nell'ambito della fantafinanza. Le analisi partono sempre da una medesima domanda e cioè «quanto debito il Paese ha sotto giurisdizione estera?». Sembra il punto cruciale. Traduciamo per i non avvezzi al tema: quante obbligazioni sono state emesse da aziende e banche italiane, per esempio, sotto la legge inglese o Usa? Vuol dire che in uno scenario post-euro, bisognerà ripagare i debiti in una moneta che si presume svalutata rispetto, appunto, a dollaro o sterlina. Con un evidente aumento dei costi.

Bond sotto legge straniera
«Se esiste una clausola che assoggetta il mio debito alla legge del creditore estero, allora anche se da domani sarà in circolazione la nuova lira italiana, io sarò costretto a pagare il mio debito sempre in euro a fronte di redditi e risparmi che con tutta probabilità saranno denominati in lire e si svaluteranno nel tempo. Dunque in questo caso il debitore italiano subirà un aggravio di costi mentre il creditore si ritrova in una situazione di vantaggio economico»: a parlare è Marcello Minenna, docente di Finanza matematica alla Bocconi ed autore del libro "La moneta incompiuta". Con dati alla mano (vedi tabella in pagina), Minenna ci spiega quali sono i Paesi con maggiore esposizione su tale tipo di investimento: al primo posto vi è l'Irlanda con il 60% di bond sotto legge estera, seguita da Olanda, Finlandia e Italia che è intorno al 28 per cento. «Tali dati mostrano la percentuale di obbligazioni emesse da banche e aziende di Paesi dell'Eurozona che ricadono sotto una giurisdizione estera, in rapporto al totale del debito che include anche quello governativo – aggiunge Minenna –. Più è alta questa percentuale, minori sarebbero i benefici di un'uscita dalla moneta unica dato che i debiti andrebbero comunque ripagati in euro con aggravio dei costi».

Fantafinanza e avvocati
Ecco il punto. Troppe interconnessioni (e complicazioni finanziarie) che rendono «inimmaginabile l'uscita dell'Italia dall'euro»: Carlo Gentili, amministratore delegato di Nextam Partners, esclude la possibilità di conversione da euro in lira. «In tasca ho euro non lire e pretendo che i miei crediti vengano ripagati con la stessa moneta – aggiunge Gentili –. Se in uno scenario di fantafinanza vi fosse la conversione in lire, ebbene al creditore bisognerebbe pagare in lire l'equivalente del credito in euro. Ecco perché ribadisco che siamo di fronte a uno scenario impossibile». Secondo l'amministratore delegato di Directa Sim, Marco Fabbri, entrare in un'unione monetaria così strutturata è stato un grave errore e nel lungo termine il tema di un'uscita dell'Italia dall'euro si riproporrà: «Tuttavia, nel breve termine, questa opzione è impraticabile e servirebbe uno sforzo organizzativo che nessuno al momento è in grado di pianificare e gestire». E aggiunge: «Ci siamo ormai spinti troppo avanti e ci sono troppe interconnessioni. L'ipotetico abbandono della moneta unica darebbe il via a infinite contestazioni e dispute legali che potrebbero far felici solo gli avvocati».

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