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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2014 alle ore 11:26.
L'ultima modifica è del 22 aprile 2014 alle ore 16:15.
È quello che sta accadendo in un percorso lento e doloroso. La Germania cerca così lentamente di rientrare dei propri crediti che continuano ad essere massicci, così come gli irrisolti squilibri nell'Eurozona. Ed è probabilmente questo il motivo per cui l'euro non è crollato quando nel 2011-2012 molti economisti davano per spacciata una deflagrazione dell'Eurozona. In quel periodo è vero gli spread balzavano alle stelle ma l'euro sul mercato dei cambi si manteneva estremamente tonico, segnale che gli investitori non hanno mai creduto fino in fondo al crollo dell'euro. L'allarme finale prima della sua deflagrazione (una improvvisa svalutazione valutaria) non è mai scattato.
«Prima dell'euro avere deficit commerciali troppo grandi era "sanzionato" dalla progressiva svalutazione delle monete nazionali. Un Paese cioè non arrivava mai ad essere un debitore troppo grande perché la svalutazione del cambio raggiustava i conti e gli equilibri competitivi - spiega Marco Fortis, professore di Politiche europee ed internazionali all'Università Cattolica del Sacro Cuore -. Con l'euro invece è successo che gli squilibri si sono gonfiati a dismisura e la Germania se ne è avvantaggiata in modo abnorme portando la sua posizione finanziaria netta sull'estero oltre il 40% del Pil. Finché son stati tempi di vacche grasse a Berlino la situazione ha fatto comodo, poi con la crisi dei debiti sovrani tutto è cambiato ed è iniziato il processo di aggiustamento in modo frenetico. Inoltre, l'improvviso e rapido rientro dei crediti della Germania ha anche avuto un ulteriore obiettivo: andare a finanziare la forte crescita del debito pubblico tedesco tra il 2009 e il 2012. Se non ci fosse stato prima l'accumulo forzato e continuativo di crediti della Germania grazie al tasso di cambio fisso con l'euro, e poi il rapido rientro dei crediti stessi, Berlino non avrebbe potuto finanziare tanto facilmente la rapida crescita del suo debito pubblico».
Capire quindi come funziona il "cervellone dell'euro" (il sistema Target 2) ci aiuta anche a capire che più dei Paesi del Sud, ha interesse tecnico a far restare in piedi l'euro proprio la Germania, il principale creditore finanziario nell'Eurozona. Perché si sa quando un debitore è piccolo è molto fragile, ma quando il debitore è grande rischia di essere più potente del creditore. E questo la Germania lo sa. E probabilmente anche per questo ha insistito sull'applicazione di politiche di austerità nei Paesi del Sud Europa anche in fasi recessive. Per rientrare quanto prima dei crediti.
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