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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2014 alle ore 11:28.
L'ultima modifica è del 02 settembre 2014 alle ore 16:14.

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Se la Bce annunciasse un piano di acquisto di titoli (sia pubblici che privati) a mercato aperto (il cosiddetto quantitative easing) lo spread tra i titoli italiani e tedeschi a 10 anni potrebbe scendere a 90 punti, rispetto agli attuali 150. È la previsione degli analisti di Jp Morgan che ipotizzano, in ogni caso, uno scenario favorevole per i titoli della periferia dell'Eurozona anche nel caso l'istituto di Francocorte non segua la politica di espansione monetaria attraverso la formula del "qe" che dal 2009 hanno adottato a più riprese Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone. «Senza "qe" - si legge nel report - ci aspettiamo uno spread con la Germania a 130 punti per l'Italia e 110 punti per la Spagna entro fine 2014, scenario supportato dai T-Ltro (targeted long term refinancing operation) in arrivo».

Secondo la banca d'affari, quindi, il "qe" sarebbe decisamente più potente (porterebbe lo spread Spagna-Germania a 70 punti) rispetto ai T-Ltro annunciati dalla Bce. I T- Ltro - prestiti agevolati alle banche europee il cui ammontare è commisurato ai prestiti a loro volta elargiti alle imprese da parte delle banche - partiranno il 18 settembre. Sono previste otto tranche in due anni (la seconda l'8 dicembre).

Anche su questo fronte potrebbero esserci novità in vista: giovedì 4 settembre si riunisce il consiglio direttivo della Bce. Potrebbe essere tagliato il tasso che le banche dovranno pagare per ottenere il finanziamento. Attualmente è previsto uno spread di 10 punti base da aggiungere al "main refinancig rate", il tasso di riferimento, portato a giugno allo 0,15%. Secondo Jp Morgan la Bce potrebbe annunciare di tagliare il sovracosto di 10 punti base. Pertanto il prestito Ltro (per il quale si prevede che le banche italiane chiederanno oltre 50 miliardi di euro) potrebbe costare lo 0,15% anziché lo 0,25%. Ipotizzano un taglio del tasso Tltro anche Nomura e Rbs.

Ma giovedì potrebbe essere annunciato anche un taglio del "main refinancing rate" tra i 10 e i 15 punti base, indica alla Reuters una fonte della Bce. In questo caso i prestiti Ltro costerebbero ancora meno, così come le altre forme di finanziamento più a breve (repo, ecc.) della Bce.

Sono queste le misure su cui, secondo analisti ed esperti, si potrebbe orientare fra 48 ore l'istituto di Francoforte. Sul quantitative easing i pareri sono discordanti. Secondo Deutsche Bank il mercato sta prezzando in questo momento tra il 50 e il 70% l'ipotesi che la Bce annunci un piano di quantitative easing nei prossimi mesi. Molto dipenderà dalle parole che userà Mario Draghi nel canonico discorso delle 14.30 del primo giovedì del mese. «È necessario un intervento aggressivo, segnalando maggiore disponibilità della Bce ad imbarcarsi un programma di qe, per convalidare il discorso di Draghi» nel simposio di Jackson Hole di fine agosto quando Draghi ha detto che per combattere il rischio deflazione nell'Eurozona «il rischio di fare poco è maggiore di fare troppo poco».

È stata da quella data che sono partiti con convizione gli acquisti sul dollaro e le vendite sull'euro, con i mercati che hanno iniziato a prezzare uno scenario più espansivo da parte della Bce. Secondo Citigroup la Bce potrebbe lanciare un piano di qe da 1.000 miliardi (di cui 600 in titoli di Stato) entro dicembre. Nel frattempo l'euro si è deprezzato, passando da 1,34 a 1,312 dollari, segnando una flessione del 3% (-6% dagli 1,39 dollari toccati a maggio).

Ma sono anche tanti gli operatori che non credono che la Bce abbia realmente intenzione di lanciare un piano di quantitative easing. Tra le stanze dei trader circola anche l'ipotesi che Francoforte stia "bluffando" per svalutare attraverso la semplice dialettica l'euro e allontanare lo spettro deflazione (inflazione è scesa allo 0,3% ad agosto nell'Eurozona con quasi tutta la periferia ufficialmente in deflazione, Italia -0,1%). Così come è accaduto per lo scudo anti-spread che dopo essere stato annunciato nel luglio 2012 ha allontanato la speculazione sul debito sovrano, riportando il sereno. Scudo che, però, nei fatti non è stato mai utilizzato.

Ubs è scettica sull'ipotesi di un "qe"anche «per motivi tecnici, dato che un programma di acquisti di titoli su larga scala non è pronto per essere implementato in Europa». Quello dei titoli privati (Abs, cartolarizzazioni, ecc.) sarebbe difficile per il fatto che in Europa il mercato dei titoli Abs è crollato dopo la crisi dei derivati suprime (che erano titoli Abs appunto) nel 2008, e ci vuole tempo per riformarlo (la Bce ha chiesto una consulenza in merito nei giorni scorsi a BlackRock). Mentre l'acquisto dei titoli di Stato sarebbe al momento non praticabile perché necessita di un consenso politico che al momento manca con Paesi da anni a duellare tra chi è fautore dell'austerità a tutti i costi e chi invece richiede maggiore flessibilità. In ogni caso cresce il partito di coloro che credono che la Bce (attraverso la leva monetaria) non sarà in ogni caso in grado di rilanciare l'economia reale, indicando come arma di ultima istanza l'utilizzo della leva fiscale.

La Bce - secondo Ubs - «spera di evitare di dover ricorrere a un piano di quantitative easing per varie ragioni: 1) la Bce continua a puntare su un recupero dell'inflazione; 2) prima di lanciare un "qe" sta aspettando che la Fed si muova per prima annunciando i tassi». Una mossa del genere (inversione di politica monetaria tra Usa ed Eurozona) potrebbe già di per sé dare nuovo spazio per la discesa dell'euro e quindi favorire indirettamente un recupero dell'inflazione.

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