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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2014 alle ore 16:20.

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Raggiunto telefonicamente dal nostro giornale, l'uomo d'affari non ci ha aiutato a fare chiarezza. Dopo aver esordito sostenendo di non "saperne niente", ci ha spiegato che "la Petro Service è una società costituita anni fa per altre cose, ma che non ha mai operato". Falcioni ha poi detto che "non è mai andato niente su Petro Service". Gli abbiamo allora chiesto da chi era stata costituita la Petro Service.

"È stata costituita… non mi ricordo neppure più…"
Ma la conosce?
"L'ho sentita nominare".
Non ha a che vedere con lei?
"Assolutamente"
Vuol dire no?
"Ma cosa vuole lei? .. Non ne so niente. Non è legata a me… Non so niente dell'Opl-245. Che cos'è?"
Ha mai avuto scambi di scambi di informazioni riguardante quel miliardo?
"Assolutamente no".
Al nostro giornale risulta invece che ci siano testimonianze e/o documenti che attribuiscono a Falcioni un ruolo negli spostamenti del miliardo.
Dopo che il denaro è tornato sul conto di JP Morgan, apparentemente si è fatto un tentativo di trasferirlo su un conto aperto da Malabu in Libano. Ma anche quel tentativo è fallito.
Si arriva così al 16 agosto, quando il Ministro delle Finanze nigeriano ordina il bonifico di 401 milioni di dollari su un conto della First Bank of Nigeria intestato a Malabu. Il 23 agosto altri 400 milioni vengono poi bonificati su un altro conto, sempre intestato a Malabu, ma questa volta sulla Keystone Bank. Nei giorni successivi parte poi una girandola di altri trasferimenti su vari conti. Grazie al lavoro di analisi svolto sia dalle autorità nigeriane sia da quelle statunitense, la Procura è arrivata alla conclusione che 523 milioni abbiano avuto come beneficiario tale Alyiu Abubakar, "persona notoriamente legata a pubblici ufficiali di livello elevato in Nigeria". E che "sembra ragionevole ipotizzare che siano state effettuati (altri pagamenti) per scopi corruttivi. Per esempio il pagamento di 10 milioni di dollari a favore di Bayo Ojo San, ex Attorney General della Nigeria".

Il fatto che quest'ultimo signore sia stato tra i beneficiari non sarebbe affatto casuale. Bayo Ojo era infatti Ministro della giustizia proprio nel periodo in cui, dopo anni di tira e molla, il governo nigeriano aveva definitivamente ufficializzato l'assegnazione della concessione per l'Opl-245 a Malabu. Ovviamente il principale beneficiario del miliardo dell'ENI si pensa sia stato l'ex Ministro del petroliO Dan Etete, che avrebbe usato parte di quei soldi per comprarsi un aereo, un'auto blindata e per saldare un conto con la giustizia francese. Nel 2007 Etete era stato condannato per corruzione dal Tribunale di Parigi e in appello la condanna era stata tramutata in una multa. Le autorità francesi hanno comunicato a quelle italiane che da uno dei vari conti in cui Malabu aveva ricevuto il denaro dell'Eni sono stati trasferiti 7.413.861 dollari per pagare la tesoreria francese.

Conclusione della Procura: "Etete non può essere considerato un mero 'vendor' del blocco. Egli è stato necessariamente parte dell'azione delittuosa dal momento che il suo consenso alla vendita era obbligatorio per riuscire a definire l'affare illegale". Etete è stato anche un veicolo per la distribuzione di tangenti, come emerge chiaramente dall'analisi dei flussi di denaro originate dalla rimessa di un miliardo, 92 milioni effettuata dall'Eni a favore del conto di JP Morgan nel Regno Unito". Sul fronte italiano, si legge negli atti della Procura, "si ritiene che Scaroni (all'epoca Ad di Eni) e Descalzi (all'epoca capo della principale divisione dell'Eni, Exploration & Production e al momento attuale Ad dell'Eni) abbiano organizzato e diretto l'attività illecita".

Sia Descalzi che Scaroni respingono ogni accusa. Secondo gli inquirenti, invece, "Descalzi era anche in continuo contatto con Obi". A provarlo sono alcune intercettazioni telefoniche fatte casualmente nell'ambito della cosiddetta inchiesta P-4 dalle quali risulta che Bisignani aveva chiesto al suo amico Scaroni di aprire le porte dell'Eni al duo Obi-Di Nardo, che l'Ad dell'Eni aveva assegnato al suo braccio destro operativo Claudio Descalzi il compito di occuparsene e che, in alcuni momenti chiave della trattativa per l'Opl 245, quest'ultimo aveva tenuto ad aggiornare Bisignani e aveva parlato con lui delle mosse di Obi. A Il Sole 24 Ore risulta anche che Descalzi si era rivolto a Obi anche per una vicenda che non riguardava l'Opl-24 ma per Eni era forse ancor più delicata. Il 25 novembre 2010 funzionari della Economic and Financial Crimes Commission, una sorta di Guardia di Finanza nigeriana, avevano infatti arrestato il direttore esecutivo di Saipem, la controllata dell'Eni, assieme a 10 dirigenti della società di costruzioni Usa Halliburton. L'accusa era di corruzione, in relazione alla realizzazione di impianti per il gas naturale liquefatto a Bonny Island. Dagli atti del tribunale di Londra risulta che il giorno dopo Descalzi si era incontrato con Obi al Jumeirah Carlton Hotel di Londra. E che in quell'occasione aveva "chiesto aiuto a Obi su questioni con il Governo federale nigeriano e il Ministro della Giustizia in relazione al problema Saipem/Halliburton".

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