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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2014 alle ore 17:35.
L'ultima modifica è del 16 ottobre 2014 alle ore 18:34.

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Forti scossoni questa mattina sul mercato dei titoli di Stato: il differenziale di rendimento tra BTp italiani e Bund tedeschi, dopo una partenza tranquilla si è impennato violentemente (qui il grafico di giornata dello spread) arrivando a sfondare quota 200 punti come non accadeva da febbraio. Un’impennata che si è ridimensionata nella seconda parte della giornata tanto che lo spread ha chiuso la seduta a quota 175.

È tutto il mercato dei bond governativi a subire un generale rialzo dei tassi (qui i rendimenti dei principali titoli di Stato a 10 anni europei). L’impennata dei rendimenti sta interessando anche i titoli di Stato francesi (qui il grafico di giornata del tasso dello Oat decennale). Nonostante ciò l’asta dei titoli a 5 anni di Parigi è andata a segno senza problemi: il Tesoro francese ha collocato 7,497 miliardi di euro di titoli con rendimenti in calo dello 0,39% della precedente asta allo 0,34 per cento.

Non è andata altrettanto bene alla Spagna: Madrid ha piazzato 3,2 miliardi del nuovo decennale (cifra inferiore ai 3,5 miliardi messi in conto) con tassi in rialzo dal 2,075% della precedente asta al 2,196 per cento.

E questo flop dell’asta spagnola, combinato con il ritorno del fantasma Grecia (oggi i tassi del decennale di Atene sono balzati oltre l’8%), ha alimentato lo scetticismo dei mercati sulla tenuta dei debiti sovrani della Periferia dell’area euro. Scetticismo che, con tempismo perfetto, arriva nei giorni in cui Italia e Francia presenteranno le loro manovre finanziarie a Bruxelles. Documenti palesemente improntati alla rinuncia delle politiche di austerity propugnate con forza dalla cancelliera Merkel che rischiano di essere bocciati dell’Unione europea con il rischio, per l’Italia, che si riapra la procedura di infrazione per deficit eccessivo.

I nervi dei mercati restano scoperti anche per l’incertezza sulle mosse delle banche centrali. Chi era convinto che ci sarebbe stata una “staffetta” tra la Fed e la Bce con la prima avviata a chiudere la staglione degli stimoli monetari e la seconda pronta a prenderne il testimone ha dovuto ricredersi. L'Eurotower appare ancora frenata dalle resistenze tedesche all'opzione “Quantitative easing” mentre la Fed ora sta valutando i rischi di una «normalizzazione» della sua politica monetaria (la deflazione ad esempio).

All'incertezza sulle decisioni di politica monetaria delle banche centrali bisogna poi sommare un quadro macroeconomico molto negativo. La frenata dei prezzi alla produzione e delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti (inattesa dopo mesi di espansione) ha fatto materializzare tra gli investitori l’oscuro presagio che non sia l’economia globale a seguire gli Stati Uniti nella via della ripresa economica ma che il percorso possa essere insenso inverso.

E poi l’incertezza per l’esito degli stress test sulle banche europee (i risultati sono attesi per il 26 ottobre) e, dulcis in fundo, l'impennata della volatilità cioè l'oscillazione media dei prezzi nel tempo. Il Vix (chiamato anche “indice della paura”) ieri è balzato ai massimi dal 2011. Che significa? Che sul mercato la liquidità si riduce e che gli scostamenti, al rialzo come al ribasso, sono fortemente amplificati.

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