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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2014 alle ore 07:15.
L'ultima modifica è del 11 novembre 2014 alle ore 08:31.

Portogallo
Analizzando la posizione finanziaria netta con l’estero (-120%) e il saldo delle partite correnti (-1,6%) anche il Portogallo (che pur esibisce in termini di Pil una congiuntura favorevole) non è messo benissimo nel medio periodo. Non può dirsi in sostanza certo guarito perché la dipendenza dall’estero (e la conseguente vulnerabilità) restano altissime anche per l’economia lusitana che tuttavia viaggia con un tasso di disoccupazione (11%) inferiore a quello italiano (12,6%).

Grecia
Quest’anno la Grecia tornerà a crescere. Il Pil dovrebbe progredire dello 0,6% segnando un’inversione storica rispetto agli ultimi sei anni consecutivi di recessione. Il Paese stima una crescita nel 2015 del 2,9%. Il ministro delle Finanze Gikos Hardouvelis è inoltre certo di rasentare il pareggio di bilancio nel 2015 (un disavanzo dello 0,2% rispetto al -12,2% del 2013). Sarebbe la prima volta dopo più di 40 anni. Passi in avanti ma gli squilibri restano fortissimi. A partire dalla profonda deflazione: l'indice armonizzato dei prezzi al consumo è sceso dell'1,8 per cento anno su anno ad ottobre, rispetto al calo dell'1,1 per cento registrato a settembre. Il che aggrava la difficoltà di ripagare il debito che ha superato il 180% rispetto al Pil.È poi esplosiva la differenza tra crescita del Pil e tassi pagati per finanziare il debito (il tasso nominale sui titoli a 10 anni è superiore al 10%). Di fronte a queste condizioni è davvero difficile ipotizzare una crescita di lungo periodo. Da non dimenticare poi che la produzione industriale è scesa del 5,1% anno su anno a settembre, dopo il calo del 5,9% registrato ad agosto.

Irlanda
Tra i Pigs il Paese messo meglio sembra essere l’Irlanda. Trainata dall'export ma anche in parte dai consumi, l'economia irlandese ha accelerato più del previsto nel secondo trimestre: +1,5% su base congiunturale e addirittura +7,7% rispetto all'anno scorso. Le previsioni di crescita per il 2014, che il governo già stimava a un confortante +2,1%, potrebbero essere riviste al rialzo e superare il 4%; ma soprattutto, con un deficit che dovrebbe scendere sotto il 4% del Pil rispetto al target del 4,8%, il governo potrà rinunciare il mese prossimo a varare l'ennesimo budget “lacrime e sangue”.

In calo anche la dissocupazione (11%). Ma la posizione finanziaria netta con l’estero (oltre il 100% del Pil) e il debito privato (179% del Pil) restano dei segnali importi di squilibrio che rendono Dublino ancora potenzialmente vulnerabile. Tuttavia di questo passo e con costo del debito dell’1,6% a 10 anni l’Irlanda è senza dubbio il Paese più in slancio tra quelli che un tempo venivano definitivi in modo dispregiativo “Pigs”. Domandina: sarebbe così se non avesse una tassazione (12,5%) più favorevole di altri Paesi dell’Eurozona sugli utili aziendali?

Italia
Un accenno poi all’Italia. L’economia è in recessione da tre anni, nel 2015 dovrebbe restare - secondo l’agenzia Moody’s - ancora imballata. Nell’ultimo anno la produzione industriale ha perso un ulteriore 2,9%. Il debito/Pil, a causa del calo del Pil più che dell’aumento del debito (crescito negli ultimi otto anni in termini nominali meno di tutti i Paesi dell’Eurozona) ha superato il 130%. «La disoccupazione resta alta (12,6%, ndr) - conclude De Nardis -. E avrebbe probabilmente superato il 20% se l’Italia non avesse fatto ricorso in questi anni agli ammortizzatori sociali. Tuttavia gli squilibri esterni indicano un quadro profondamente migliore rispetto a quello spagnolo. La posizione finanziaria netta con l’estero è intorno al -30% sul Pil e il saldo delle partite correnti nel secondo trimestre del 2014 è tornato positivo (+1,5%, ndr). Anche guardando la differenza di inflazione tra Spagna e Italia emerge chiaramente che a Madrid l’aggiustamento in atto è molto più forte. Ciò non toglie che l’Italia sia comunque messa male. Il settore privato italiano è stramazzato da questo tipo di aggiustamenti, ma la domanda interna non c'è perché non ci sono gli investimenti delle imprese, manca la propensione a investire nel settore privato. Ma perché l’Italia riparta è indispensabile che la Germania faccia la sua parte».

Il fattore Germania
«E questo soprattutto perché la Germania continua a non voler alzare l’asticella della sua inflazione (ferma allo 0,8%, ndr) costringendo l’Italia, ma soprattutto Spagna e Grecia, a degli aggiustamenti talmente forti che rischiano - come evidenziano gli ultimi rigonfiamenti degli squilibri esterni in Spagna - di vanificare i sacrifici fatti negli ultimi anni e di ritoccare le stesse soglie di insostenibilità dei conti esteri che hanno causato lo scoppio della crisi qualche anni fa».

twitter.com/vitolops

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