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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2014 alle ore 10:42.

È stato a partire dai primi anni '90 che le grandi multinazionali hanno iniziato a guardare con interesse al Lussemburgo. Ed è stato proprio in quegli anni che, sotto la supervisione del ministero delle finanze guidato proprio da Jean Claude Juncker è stata varata la legislazione sulle holding (le società la cui unica funzione è possedere altre società). Una normativa ultravantaggiosa che ha spinto gli azionisti di peso di molte grandi aziende di tutto il mondo a spostare nel Gran Ducato la catena di controllo dei loro imperi. Beneficiando così del regime fiscale particolarmente conveniente che, soprattutto negli anni in cui Juncker è stato al governo, il Lussemburgo ha introdotto su temi sensibili come dividendi, royalties, interessi, processi di liquidazione, plusvalenze eccetera.
Ma quanto vale la ricchezza in azioni delle cassaforti lussemburghesi? Numeri certi non ce ne sono ma è comunque possibile abbozzare una stima. Stando a un’elaborazione de Il Sole 24 Ore su banca dati S&P Capital IQ, il valore delle partecipazioni azionarie in società quotate sui principali listini globali denunciate da soggetti con sede in Lussemburgo è pari a 290 miliardi di euro. L’ Italia, per capirci, si piazza appena dietro in questa classifica dato che il valore delle quote azionarie pubbliche di soggetti con sede nel nostro Paese vale 249 miliardi di euro.
Si tratta di una stima per difetto del totale effettivo delle azioni «parcheggiate» nel Granducato perché fa riferimento solo alle partecipazioni di soggetti che per legge sono obbligati a rendere note le loro quote. Ma è un dato che fa riflettere soprattutto se si pensa che il piccolo staterello nel cuore dell’Europa è il decimo al mondo per valore delle partecipazioni azionarie.
In parte questo dato si spiega con le enormi dimensioni dell’industria dei fondi di investimento in Lussemburgo che, sempre grazie alla legislazione fiscale di favore, è prosperata in questi anni diventando la seconda al mondo dopo quella americana. In parte questo si deve proprio alle holding. Alle casseforti che controllano i pacchetti azionari rilevanti di colossi dell’industria e della finanza globale che, a spanne, detengono oltre la metà di questa quota: circa 150 miliardi di euro
La più ricca di queste è la Eugene Patri Sebastienne SA, ultimo anello della catena di controllo di Anheuser-Busch InBev. Per chi non ha mai sentito questo nome si tratta del primo produttore di birra al mondo (Budweiser e Becks i marchi più conosciuti). Un colosso che ogni anno fattura oltre 37 miliardi di euro il cui valore di mercato è superiore ai 148 miliardi di euro. Eugene Patri Sebastienne SA, direttamente e indirettamente (attraverso la scatola olandese Stichting Anheuser-Busch InBev) controlla la maggioranza di Anheuser-Busch InBev con una partecipazione che, nel suo complesso, supera i 76 miliardi di euro di valore.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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